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Alle radici della violenza d’ogni genere

Un dato sociologico sta sempre più venendo a galla: il clima sociale è intriso di violenza. Fortunatamente, anche i media hanno deciso di darvi risalto. Si sono attivati dei convegni e delle manifestazioni popolari. Media, convegni e manifestazioni sollecitati dal crescente, e speriamo non inarrestabile, fenomeno del femminicidio, il cui elenco si allunga di giorno in giorno. Non riguarda in genere persone estranee, benché non manchino nemmeno questi casi, ma mogli, conviventi, donne con cui si sono stabiliti forti legami affettivi e con le quali si sono generati dei figli. Per rispetto dell’onorabilità delle vittime e per un certo pudore, non entriamo nel merito dei particolari macabri di queste uccisioni barbare. Giustamente, le analisi compiute da esperti non si sono fermate al fenomeno estremo del femminicidio, epilogo di tutta una serie di violenze di natura fisica, non di rado perpetrate davanti ai figli, e, non meno devastante, psicologica. Sicché la donna si sente distrutta dentro o, come si suol dire, porta la morte dentro. Evidentemente, ognuno è un caso a sé. Tuttavia, qualche elemento potrebbe accomunarli. Quali sono infatti le cause profonde che, all’occasione, fanno scatenare la violenza da forsennati? Con ogni probabilità, chi usa violenza contro la donna che è in relazione affettiva con lui, ha una relazione del tutto sbagliata: la considera un oggetto da usare. Suo esclusivo e geloso possesso. Finché sottostà alla sua volontà di dominio, soggiogata e schiavizzata, tutto si mostra tranquillo. Pura apparenza. Appena una donna tenta di ribellarsi in nome della propria dignità, specialmente se è in stato di alterazione provocata fors’anche dall’alcol, si scatena l’inferno. Il furore si sfoga con gesti inqualificabili per ferocia e con parole che feriscono l’animo come spade affilate. Quella donna deve scomparire! Fino ad attuare assurde forme di occultamento di cadavere. Il nocciolo della questione sta lì: chi è la donna per l’uomo, nel profondo del suo animo? Partendo da questo interrogativo, ci si apre il macabro sipario di altre infinite forme di violenza che, nel loro insieme, creano il sistema della cultura della violenza. Ci riferiamo più esplicitamente alle guerre con i loro massacri e distruzioni, alle prigioni da campi di sterminio dei dittatori di tutti i tempi. Fanno sicuramente parte del sistema della cultura della violenza a livello sociale gli stupri di gruppo, l’orrendo crimine della pedofilia da chiunque sia compiuta, lo smercio della droga, la soppressione della vita appena chiamata all’esistenza, le finanze senza etica, le violazioni del codice della strada, le calunnie, le frodi, le truffe, le estorsioni, le minacce, i ricatti, le delazioni, le provocazioni, le infedeltà, la mancanza di parola data, le sopraffazioni finalizzate al successo e alla carriera, le cattiverie, le menzogne, gli insulti, le aggressioni, gli stalking... In questo quadro fosco una attenzione singolare merita il fenomeno del bullismo, che si sta estendendo specialmente nella sua edizione di cyber bullismo. Chi viene catturato o se ne lascia catturare, è finito. È fatto oggetto di violenze di ogni genere. Psicologiche e fisiche, che annullano la persona, costretta a sottostare alle crudeltà di un branco che ha perduto il senso minimale di umanità, come viene lucidamente descritto dal film Infernet. Questo e tanto altro è un prodotto malsano della cultura della violenza, fomentata anche da situazioni apparentemente neutre. È cultura della violenza quella che si scatena negli stadi, che dovrebbero essere luoghi di svago civile e di distensione allegra seppur goliardica; quella insegnata dai padri ai figli, ragazzi e adolescenti, scesi in campo da calcio, ai quali gridano: “dagli nelle gambe!”, pur di vincere la partita; quella che trasforma il Parlamento in un ring formato giungla; quella dei troppi talkshow imperniati sulle contrapposizioni di chi urla più forte soverchiando e soffocando l’altro, il tutto finalizzato a fare spettacolo per saziare l’insaziabile voluttà di scatenamento della violenza del pubblico, ottenendo un rapido accrescimento dell’audience. Aggiungiamo pure le forme più comuni di abuso che della cultura della violenza sono carburante: l’abuso di potere politico, amministrativo, giudiziario, manageriale, genitoriale, ideologico, educativo, mediatico, religioso. Queste e altre sono manifestazioni palesi del sistema culturale della violenza, alla radice della quale sta una cultura bacata dei rapporti sociali. In altre parole: chi sono gli altri per me? Sono da me considerati come persone dotate di dignità e di diritti uguali ai miei o come oggetti su cui mi sento autorizzato ad esercitare ogni genere di abuso? + Giuseppe Zenti

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