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La posta della Olga

Una vacca sul palco del festival veronese

Al Festival della canzone popolare veronese in corso al teatro Masenìn Royal delle Caroèrse - scrive la Olga - il maestro Ociodevéro ha ricordato che molto del nostro patrimonio canoro andrebbe perduto senza il lavoro di ricerca della concittadina Grazia De Marchi alla quale è stata dedicata un’ovazione. Ieri sera si sono esibiti i big tra i quali a sorpresa è salito sul palco el Brusalitri del bareto che nessuno aveva mai sentito cantare prima. Del suo repertorio da osteria ha cantato “Me nego nel torbolìn” accompagnato da un coretto di damigianelle una delle quali ha improvvisato un mezzo spogliarello che sarebbe stato intero se non fosse intervenuta, tra i fischi, la Buoncostume. Il presentatore ha comunque fatto presente che anche lo spogliarello, se casto, fa parte dei nostri valori ancestrali. C’era molta attesa, abbondantemente ripagata, per la canzone “Maridève butelote” cantata dal trio Scaessagna che si è accompagnato con degli strumenti ricavati dalle suche. Valeva proprio la pena di venire al teatro Masenìn invece di vedere Sanremo dove non c’è niente da imparare e molto da disdegnare. Due gemelle anziane dagli occhi storti hanno cantato “La mosca mora” ma sono state interrotte da una signora scarmigliata in vestaglia e savate che ha chiesto se nessuno avesse visto il suo gatto: «L’è moro e el ga la cóa bianca» ha detto tra le lacrime. C’è stata anche l’interruzione degli allevatori della Lessinia il cui rappresentante ha letto un messaggio contro i lupi. Poi è stata la volta di un gruppo di Illasi che ha intonato "Pulzi piòci e sìmesi" e tutti gli spettatori, per suggestione, hanno cominciato a grattarsi anche in posti sconvenienti. «No, Gino, no lì» continuavo a ripetere a mio marito mentre io mi trattenevo. Quando è stato il momento delle cante da filò è stata spinta sul palco una vacca. Il contadino cantava “E mi co’ la me vècia tapum tapum” e una donzella col forcone gli buttava addosso la paglia. La vacca rideva.

Silvino Gonzato

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