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la posta della olga

Una giornata nel bosco, lo strano uccello, la politica

Soffro il caldo più del mio Gino - scrive la Olga - e quando non ne posso più mi infilo un golféto de lana perché ho letto che i Tuareg più hanno caldo e più si vestono. «Próa col paletò col còl de pél de cunèl» mi dice il mio Gino che gira per casa in mutande. Oggi però ho deciso che i Tuareg possono andare a ramengo e ho chiesto a mio marito di portarmi al bosco Buri, in riva all'Àdese dove abbiamo trovato un sacco di gente seduta sotto gli alberi e tanti butìni e buteléti che si correvano drìo sull'erba. C'era posto solo su una panchina a ridosso dello stagno delle rane e delle tartarughine. «Ah, Gino, come se sta ben qua, finalmente se respira, ne se vèrze i polmoni, ne se rinfresca le réce. Atento te gh'è 'na brèspa su la pelada». I grandi alberi, muovendo lievemente le foglie fanno da giganteschi ventilatori, il profumo della vegetazione ci entra prepotentemente nei busi del naso. Le ninfee dello stagno sono immobili e beate. Penso che vorrei essere una ninfea e, dopo averle passate in rassegna una a una, decido anche quale. Il mio Gino pensa invece alle rane in padella. Non c'è verso di essere in sintonia nemmeno in questi momenti di intimità con la natura, momenti in cui nessuno penserebbe alle rane fritte. L'altro suo pensiero è il bareto dove stanno discutendo se ci sarà apparentamento o no tra Sboarina e Tosi. E, infatti, di tanto in tanto telefona e chiede del Surla. «Surla, 'sa se dise da quele bande?». Poi mi riferisce che gli avventori sboariniani non hanno nessuna intenzione di diventare parenti di quelli tosiani e che, anzi, sono in corso dei tafferugli. «Gino, stàghene fora - gli dico - sémo qua chièti, làssa star el bareto, làssa star la politica almanco fin che sémo qua nel bosco a soràrse. Che usèl saràlo quel che el fa 'sto verso? Par mi l'è un usèl foresto, da giungla, no i dise che ghémo el clima tropical?». Cerco di distrarlo. Il mio Gino tende le réce: «El me par el vècio cassadór Folco, al bareto i ghe ciàma Sterminetor. El fa certi versi, l'è bon da imitàr tutti i usèi, ma anche i cocodrili e le sìmie. E se no l'è el Folco, l'è un pito». Do un'alzata di spalle: «Conósso el verso dei piti». Un tartarughina è salita sulla ninfea che vorrei essere. Il mio Gino ritelefona al Surla: «Ve stèo ancora piciando?».

Silvino Gonzato

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