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Un localéto da fitàr ai turisti. Lo fan tutti

Non appena il mio Gino entra in casa - scrive la Olga - si cava la bareta con un gesto svelto e liberatorio, le dà una lisciatina e una spolveratina col dorso della mano, la butta sulla solita caréga sòpa e ci si siede sopra. «Ma così te la schìssi» gli dico. «Son straco - mi fa - ogni giorno che passa sento i pedài de la bici sempre più duri». Poi mi fa una domanda inconsueta: «Par caso, ghémo un localéto in più?». «'Sa dìsito, Gino - gli rispondo - te lo sè che, pur essendo in du, sémo strucà come le galine ne la caponara». «Gnente - mi fa - se ghe l'avéssimo lo fitarésimo abusivamente ai turisti, ormai i fa tuti così e i ciàpa la pila in nero». «Me meravéio de ti - gli dico, guardandolo coi òci bruti - più i pedài i te diventa duri più el sarvèl el te diventa mòlo». Il mio Gino non è scusabile anche se mi racconta che il Gaspare Noselìna affitta la stanza in più a 300 euro la settimana e che sua moglie, la Lavinia, si è fatta la pelliccetta nuova. Mi racconta che il Bigi Tartaión, detto el Cica, e la moglie Celestina affittano la taverna e che il Berto Resentìn e la moglie Armida hanno messo due letti in sala da pranzo per i turisti o per chiunque prenoti. Il mio Gino mi fa un lungo elenco degli avventori del bareto che, infischiandosene del Fisco, affittano in nero un locale della loro casa e tira in ballo anche la Maria Slandróna che, non appena le è morta la madre e la casa è rimasta vuota, prima ancora del funerale ci ha messo dentro un s-ciàpo de turisti olandesi, di quel genere di butelòti e butelòte che fanno i rave. «E te par bèlo?» gli dico. «La Maria Slandrona la esagera - mi fa - ma tresento o quatrosènto euro a la setimana i ne faréa comodo, se però te disi che sémo zà streti così...». «Anca se fùssimo larghi, Gino, 'ste robe no le se fa e comunque casa mia no la spartisso co' nessuno». Mi dicono, ma non il mio Gino, che anche i sióri stanno approfittando della maramalda situazione e che affittano anche in Bra. In centro storico ci sono più turisti che abitanti. Da tempo il Listón non è più frequentato dai veronesi. Le facce conosciute che vedevi fino a qualche anno fa sono scomparse. C'erano il gagà, il musicista, il poeta. Passeggiavano avanti e indietro come i piti. Il Listón è in qualche modo lo specchio di come sia cambiata la città. In peggio.

Silvino Gonzato

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