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La posta della Olga

Un buon sindaco deve stare tra la gente

Tra poco più di un mese si voterà per il sindaco - scrive la Olga - e non credo che cambierà molto da qui ad allora. Ci saranno gli stessi problemi e le stesse ansie di oggi: la guerra in Ucraina, la post-pandemia non ancora post, le bollette di gas e luce che continueranno a strozzarci (mettiamoci pure anche quelle dell'acqua), l'inflazione che continuerà a erodere stipendi e pensioni, la povertà in costante e implacabile espansione, la piaga sempre più dolorosa della disoccupazione. Tutto questo genera un clima di angosciosa sospensione, in molti casi di disperata impotenza, di cupa rassegnazione che spinge la gente a chiudersi in se stessa senza più fiducia nel futuro. In questa, come in tutte le campagne elettorali, i candidati elargiscono promesse legate al territorio, esternano le loro idee (quasi sempre le solite) per una società migliore, per una città più vivibile. E su queste idee si scontrano, anche se in modo più pacato che in passato, sulla sostanza e sulle sfumature. Sanno che la politica non può avere risposte sugli enormi temi sociali, sugli allarmi e le trepidazioni del momento, sanno anche che, a prescindere da questi temi, la gente non ama più la politica e i politici, che non li ha mai amati, e che gli elettori che vanno alle urne sono sempre meno. Ma la città deve pur avere un sindaco, un’amministrazione che deve uscire dal voto e che deve essere il meno peggio possibile. Né Sboarina né Tosi né Tommasi possono fermare la guerra che infuria nel cuore dell'Europa (gh'era solo uno ch'el fermava el treno col cul), né possono arrestare la corsa dell'inflazione o intestarsi le bollette o convertire i poveri in abbienti. Il sindaco, specie in questi tempi disgraziati, può e deve comunque essere vicino alla gente, deve scendere tra la gente, immedesimarsi in essa, ascoltare e condividere. Divento furiosa quando, come primo atto dopo l'elezione, un sindaco pensa solo a distribuire careghe e a piazzare lacché e clienti ai vertici degli enti. I primi clienti, ma non lacché, siamo noi cittadini, non siamo solo gente da spingere alle urne come vacche alla stalla e poi ciao, arrivederci, diventare solo spettatori che assistono alle solite manfrine, al divismo sciocco di certi assessori saóni e saóne che credono di essere padreterni e madreterne.

Silvino Gonzato

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