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La posta della Olga

Sui tempi non si sgarra Salvo un’altra piena

La tribolata storia di Ponte Nuovo - scrive la Olga - cominciò secoli fa quando era di legno e crollò sotto il peso delle truppe viscontee inseguite dalle alabarde dei veneziani. “Lo cavalcone” di brancaleonesca memoria non ha tenuto. Poi c’è stato il disastro del 1882, poi, alla fine dell’ultima guerra, c’è stata la distruzione di tutti i ponti della città da parte dei tedeschi in ritirata. Infine, due anni fa, a novembre, il mio Gino passa in bici da quelle parti e vede che il ponte lo stanno chiudendo. La gente di Veronetta, soprattutto i commercianti, protestano: «Ma come! Serè el ponte adesso che sémo quasi a Nadàl?». Il mio Gino partecipa alla contestazione bevendo in un’osteria del posto un goto di solidarietà. Il ponte deve essere messo in sicurezza (cascava qualche tòco qua e là) e bisogna infilarci sotto delle piastre di scorrimento per metterlo al riparo dai terremoti, operazione che lo avrebbe sollevato di qualche centimetro. La gente è impressionata soprattutto da quest’ultimo intervento: «I àlsa el ponte, iè mati come sésti» dice scrollando la testa. Alla fine dell’ottobre scorso una piena dell’Adige saccagna brutalmente i ponteggi evidentemente non adatti a reggere le piene. Dopo un mese da quel giorno, l’assessore ai ponti dichiara che i ponteggi sono inservibili e che bisogna metterne di nuovi. Altri tre mesi persi, oltre al tempo perso a cercare le bombe e a fotografare i resti riemersi del vecchio ponte fatto saltare dai tedeschi. Ci sono settimane in cui la gente vede il cantiere deserto o un solo operaio che pitóna con in man ‘na scóa. Ci sarebbe stato un altro Natale senza ponte anche se non ci fosse stata la piena. Il mio Gino torna a bere un goto solidale nella stessa osteria. I commercianti chiedono di essere risarciti dal Comune. L’assessore ai ponti promette che a luglio il ponte sarà più bello e più alto. «Sì, però intanto ne va in mona ‘n altro Nadàl». I tempi saranno rispettati, salvo che un’altra piena… È solo colpa delle piene.

Silvino Gonzato

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