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La posta della Olga

Senza il sorriso di una cassiera

Il Rino botegàr - scrive la Olga - annotava sul quadernetto i debiti che i clienti avrebbero saldato alla fine del mese. Teneva una matita in sella all’orecchio destro, ne inumidiva la punta con la saliva e segnava perché non tutti potevano pagare subito e qualcuno non poteva pagare mai.

La bottega del Rino con i suoi afrori di baccalà, salumi e spezie mi viene in mente, con nostalgia, leggendo che altri supermercati senza casse in cui tutto sarà supertecnologico stanno aprendo in altre città dopo che Verona ha fatto da apripista con il primo punto Tuday Conad.

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Dico subito che io morirei di fame piuttosto che entrare in un supermercato in cui mi sentissi ostaggio di una rete di sensori che mi scrutassero mentre faccio la spesa e un’intelligenza artificiale mi identificasse assieme ai prodotti che prelevo dagli scaffali, parificandomi a quello che compro, un barattolo de fasói, un etto di bóndola o una confezione di patate.

E mi chiedo poi quanti veciòti come me si avventurerebbero in un posto senza cassiere dove paghi solo con carte di credito o, i più evoluti, con lo smartphone o con lo iOs o altre astruserie.

La cassiera è l’unico sorriso di un supermercato, spendi una ciàcola, a volte ti aiuta a insaccare la merce e se hai dimenticato una cosa ti dice dove trovarla, insomma è una persona mentre l’estremizzazione della tecnologia elimina le persone che non siano clienti, peraltro ridotti a numeri, a scontrini.

Leggo poi che in questi supermercati non si entra col carrello, ma si mette tutto in borse, zaini o perfino nelle tasche ché, tanto, gli occhi elettronici vedono tutto e mettono tutto in conto. A parte che il carrello è comodo e mi ci appoggio quando il didietro comincia a pesarmi troppo, posso immaginare una signora come me che, non avendo più posto nelle borse, si infila un vischioso branzino tra i seni. Come faccio a non pensare al Rino e alla sua bottega? «Pàghela o nòtela, sióra?».

 

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