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La posta della Olga

Se viene a mancare anche el stradìn

di Silvino Gonzato

A me - scrive la Olga - l’hanno raccontata in un’altra maniera. E cioè che non ci sono più stradini perché quella delle buche nelle strade cittadine è una causa persa e si sarebbero arresi consegnando la ramazza nelle mani dell’assessore. La versione ufficiale è però che gli stradini andati in pensione non sono stati sostituiti per mancanza di personale e che quindi ne sono rimasti solo sei per tutto il territorio. In borgo Roma, Zai e Cadidavid, ma anche a Veronetta, piangono la sparizione di questa figura familiare e per certi versi eroica che tutte le mattine con l’Ape elettrica verde-mondo-che-verrà, con sopra l’armamentario di scóe e ramazze, perlustrava l’asfalto prestandogli i primi soccorsi o chiamando la squadra nel caso in cui le buche fossero state troppo profonde per le sue forze e competenze. Piangono anche perché il fratturato, vale a dire il numero degli infortuni causato dal dissesto stradale, è più che quadruplicato da quando non si vede più l’Ape verde. Lo stradino-esploratore, il Mungo Park de noaltri, era quasi una garanzia, svolgeva un lavoro di prevenzione. Nell’era digitale che per molti versi ci sta spaesando era rimasta un’immagine antica, quasi romantica. Nei giorni più afosi dell’estate si vedeva la sua figura ondulata nella calura fondersi con il riverbero dell’asfalto rovente; d’inverno ramazzava nel gelo e nella nebbia. «Àlo visto el me gato?». E alla signora in ansia cui era sparito il gatto rispondeva che di gatti ne vedeva tanti ma che se lo avesse trovato gliel’avrebbe riportato. Aveva un nome ma per tutti era el stradìn, come c’era el postìn, molto lontano da quello di oggi, anonimo e spersonalizzato, e come c’era el spassìn che passava per le case, anche questo sparito dall’orizzonte della nostra quotidianità. Oggi aumentano le buche, tanto che ormai ci sono più buche che asfalto, ma mancano gli stradini, paradosso, non l’unico, di una città che guarda in alto ma non in basso.

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