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Nei boschi a far legna. La sòca del Dolimàn

L'appuntamento - scrive la Olga - è di domenica mattina, quella scorsa, davanti al bareto - Alle sette precise. «Ci gh'è gh'è e ci no gh'è no gh'è» aveva ricordato alla vigilia il capo comitiva, il ragionier Dolimàn. Il programma, affisso in bacheca da giorni, prevedeva un'escursione nei boschi della Lessinia a far legna. «Quéla che se cata par tera, sensa butàr zó i àlbari. Vietati seghe, motoseghe e manaréti» precisava il comunicato. Però el Fufa aveva eccepito che senza seghe e manareti, i rami secchi e le sòche, pur trovati per terra, se troppo ingombranti avrebbero dovuto essere ridimensionati per starci nei bauli delle auto, e quindi è passata la deroga. La gita si inquadra nella necessità di far fronte in qualche modo alla crisi energetica usando stufe a legna dismesse e caminetti, considerato anche che comprare oggi la legna o il pellet si spende come per il metano. È una domenica di fine ottobre senza sole ma calda, a dispetto del calendario, tanto che il mio Gino è in bermuda e capèl de pàia. Il bosco è quello di Val Squaranto. Sembra di essere in via Nova, troppa gente ha avuto la stessa idea del ragionier Dolimàn che viene contestato dal cavalier Marandèla la cui gerla dopo due ore è ancora vuota. Ci sono molti castagnari ma per terra ci sono solo ricci vuoti. Io e il mio Gino riusciamo comunque a trovare tra l'erba due castagnette incarognìe, ma di legna neanche un bachéto. «Par che tuti i g'àbia la stua» mi fa mio marito. Seghe e manaréti sono inutili. «Co' la motosega te pol taiàrte le ónge dei pié» dice el Memo Scatolìn al Bepo Furia. A ridosso di una casa montanara c'è una grande legnaia ordinata. «Bisogna vègnar de note» suggerisce malandrinamente la Rinalda, la vedova allegra della compagnia. Cambiamo bosco, andiamo più in su. Affollamento anche qui. El ragionier Dolimàn trova 'na sòca che giace divelta con tutto el raisamento da medusa. «Mia!» urla al Rino botegàr che si accingeva a s-ciapàrla col manaréto da boia. Altri boschi, altra gente. Alla fine della giornata le gerle sono tutte vuote. «L'era mèio andàr a anguìle» dice il mio Gino. Tutti scontenti tranne el ragionier che al ritorno guida il corteo di auto con la sòca legata sul tettuccio.

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