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La posta della Olga

La guerra lo declassa ma il Covid morde ancora

Ieri a Verona ci sono stati 1.390 nuovi casi di Covid, tanti, troppi - scrive la Olga - ma ormai ci comportiamo come se la pandemia fosse alle spalle. Televisione e giornali non ne parlano quasi più. La guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno confinato il Covid in un cantón: c'è, è in agguato, ci insidia anche se l'abbiamo derubricato. Gli abbiamo tolto il palcoscenico ma non per questo dovrebbe suscitare meno allarme visto che non c'è quasi famiglia che oggi, come nei mesi scorsi, non abbia un contagiato. I fatti hanno le loro gerarchie, il più importante, in questo caso la guerra con le sue conseguenze reali o per ora solo temute, ridimensiona o oscura tutti gli altri. Un anno fa beccarsi il Covid» era una tragedia, oggi è una notizia. «Me lo son ciapà, el me l'à tacà el me Remigio - mi fa la Elide per telefono con la stessa normalità con cui parlerebbe delle taiadèle coi figadini - me séca solo star 'na setimana in casa». Se non ci fosse la guerra saremmo ancora qui a parlare di bianco-giallo-arancione-rosso, di autocertificazioni, i virologi sarebbero ancora in cattedra e la mesta mutria del ministro Speranza continuerebbe a guastarci i sonni. Shangai, che è lontana da noi e dalla guerra, è tornata in lockdàun per 25 mila nuove infezioni su 26 milioni di abitanti. Percentualmente non sta peggio di Verona «ma là iè comunisti - dice il mio Gino - e seràr su la gente i ghe méte 'n atimo». Sarà, ma mi pare che dal rigore, anche eccessivo, pur in presenza di un numero di contagi ancora allarmante siamo passati al rilassamento più sbracato. Ecco la Olga che porta sfiga, protesterà qualche lettore. Al contrario, spero di portare fortuna, tanto più che se dovessi rivedere Speranza a tutte le ore in televisione mi verrebbe una crisi di nervi. Dico solo che ghe vol giudìssio, che la mascherina si deve continuare a indossarla e che se la politica ha mollato sul Covid per salvare l'economia, il buon senso ci dice che dobbiamo continuare a proteggerci per salvare noi stessi. Temo che Pasqua e Pasquetta faranno saltare il banco, basi, baséti, abbracci («Ma guarda che grande che ti sì diventà» (al neodìn, non al nonno). Le sorti della guerra dipendono da Putin e dalla resistenza ucraina, ma la nostra salute dipende solo da noi.

Silvino Gonzato

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