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L’elefante e la cristalliera Avanti così fino al 2026

Sono tanto lontana dai Kiss, il gruppo americano che si è appena esibito in Arena tra fuochi interdetti, anzi no com'era facile immaginare - scrive la Olga - quanto lo sono i giovani d'oggi dai gorgheggi di Gino Latilla e Carla Boni. Però una cosa bisogna dirla: quando il nostro anfiteatro, da tempio della lirica, è diventato anche palcoscenico dei rockettari, bisognava prevedere che questi non si sarebbero limitati a cantare e a suonare ma che, volendo far scena, si sarebbero portati dietro l'artiglieria e avrebbero fatto scoppiare santabarbare. Quel protocollo che si invoca adesso ci sarebbe dovuto essere fin da allora. Come si fa a mettersi in casa un elefante e sperare che non travolga la cristalliera? E dai Kiss in poi, come dice l'impresario del bareto, Ronnie Segadura, si andrà avanti a colpi di deroghe perpetue, cioè, come ha dimostrato il calabraghe nei confronti della band americana, non si potrà fare altro che chiudere un occhio fino al 2026 quando l'Arena ospiterà la chiusura delle Olimpiadi invernali che, senza i tradizionali fuochi, non se la filerebbe nessuno. E, nel frattempo, bisognerà sperare che l'Arena non bruci come Notre-Dame. Non che io pensi che possa succedere, però qualche precauzione (e di questo è presumibile che stiano parlando il sindaco Tommasi e il soprintendente Tinè) la si dovrebbe prendere: pompieri sul palcoscenico, per esempio (col casco e le pompe di pronto impiego in mano, potrebbero arricchire lo spettacolo e magari confondersi con esso), e abbondante innaffiatura preventiva dell'intero anfiteatro, degli spettatori e delle band. Il mio Gino suggerisce anche dei fuochi bagnati, che sono i più innocui. Dopo le Olimpiadi si vedrà, ma c'è il rischio che, vietando troppo, l'Arena non sia più appetita dai celebri gruppi internazionali i cui spettacoli ormai sono tutti fuoco e fumo, e che bisognerà accontentarsi dei nostrani Gigi D'Alessio e Ligabue se per allora saranno ancora in pista e soprattutto se sarà ancora in pista il soprintendente Tinè. Se fosse per me, tornerei a Beniamino Gigli e alla Callas.

Silvino Gonzato

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