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Il volto che cambia (in peggio) di una città acchiappaturisti

Spesso ci capita, a me e al mio Gino, - scrive la Olga - di passeggiare per il centro città alla ricerca dei negozi e delle botteghette perduti. Ovviamente, se sono perduti non li ritroviamo, ma è come scorrere un nostalgico obituario, è come una visita a un cimitero senza tombe in cui i defunti siano presenti solo in spirito. In pochi anni la città ha cambiato fisionomia, si è abbruttita e, come ha scritto ieri L’Arena, è diventata un "mangificio", un albio, una pappatòria, a scapito di una scacchiera affettiva, qual era, in cui trovavamo i nostri punti di riferimento: la vecchia merceria con le pile di scatole piatte ammontichiate a torre traballante, la bottega di alimentari che spandeva i suoi afrori sulla strada, il corniciaio affabile, la drogheria centenaria che avvolgeva con la malìa delle sue essenze esotiche, il negozietto di abbigliamento che vestiva tutta la famiglia, el savatìn che, con la brocchetta tra le labbra e parlando col naso martellava le suole, la sartoria senza insegna e col logoro pavimento di legno, in cima alla scala ripida e buia. Era una città a misura di chi la abitava, di anime stanziali prima che queste subissero lo sfratto a favore dei turisti, delle masse senz'anima interessate a un pascolo avido e mirato, favorito da una politica imbonitrice e dissennata per nulla preoccupata di mantenere un equilibrio sostenibile tra invasi e invasori. Il Covid ha fatto la sua parte cancellando decine e decine di negozi ma mi aspettavo una resurrezione diversa, rispettosa della storia e dell'indole della città e invece in ogni spazio abbandonato si sono inseriti solo ristoranti e bar o desolanti e disadorne agenzie immobiliari o altrettanto tristi servizi per i maniaci dei telefonini, e tutto ciò mentre intere vie sono colonizzate dai bed&breakfast. Povera Verona, com'è ridotta nella sua dimessa e ipocrita veste di acchiappaturisti. «Gino - chiedo a mio marito - ma qua l'altro ieri no gh'era un negòssio de…?». «El gh'era - mi risponde - ma in un par de mesi l'à cambià parón e merce tre òlte, e adesso, come te vedi, l'è un snack bar». Anche l'isterica velocità con cui i negozi cambiano insegna è indice di tempi incerti in cui il volto della città muta in continuazione, diventandoci sempre più estraneo.

Silvino Gonzato

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