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Guerra, siccità, Covid... Così non ci manca niente

Ieri notte - scrive la Olga - ho fatto un bel sogno, fresco, riposante. Ho sognato che pioveva ma non tirava vento e non c'erano né fulmini né site. Era una bella acqua abbondante ma non violenta che tambureggiava sulla tapparella al ritmo del cha cha cha, tanto che credo di aver accennato, pur stesa sul letto, a qualche passo di ballo orizzontale di cui il mio Gino, che dorme come un maròcolo, non si è accorto. Un benessere indicibile mi invadeva carne, ossa e spirito. Piangevo (di gioia) gonfie lacrime di acqua piovana. Sempre nel sogno sono uscita sul pontesèl con un sécio, ho atteso che la pioggia lo riempisse e poi sono rientrata per rovesciarlo sul mappamondo con la lucina dentro, vinto con i punti di una marca di camomilla. «Sòrete, mondo!» ho esclamato e poi sono tornata a letto a ballare il cha cha cha orizzontale. I campi li vedevo verdi, l'Àdese correva placido sotto i ponti, era insomma un’estate normale, non come quella infuocata che, pur essendo, da calendario, appena cominciata, ci sta brustolando da mesi de drito e de roèrso. Il sogno si spiega col fatto che prima di andare a dormire, mentre il mio Gino guardava alla televisione una gara del campionato di tiro alla fune tibetano io leggevo sul giornale che mezzo mondo è alle prese con una «suta» e con temperature con pochissimi precedenti e che da noi sarebbe stato così per almeno un'altra decina di giorni. Poi nel sogno avevo rovesciato la realtà secondo i miei desideri, i desideri di tutti. Quando mi sono svegliata, «Èto sentìo la pióa?» ho chiesto al mio Gino. «Sarò sta mi a tiràr l'aqua del cesso» mi ha risposto. «Ma el cha cha cha... el sécio, el mapamondo?». Tiro su la tapparella e guardo la strada: suta (nelle ore più calde vi si apprezzano miraggi sahariani con palme e laghetti), l'aiola arida color pàia, un ròdolo de erba séca che rùgola spinto da un vento caldo, come si vede nei film di caubòy. «Gino, ancó l'è pézo de ieri». Penso che non ci manca niente: la guerra, il Covid che rialza la cresta, le bollette assassine, la benzina che costa 'n òcio de la testa, i pochi schei in banca che i va a farse ciavàr e la siccità da Sahel. «Gino, cosa ne manca?». «La graspa, ma vago fora a tórla».

Silvino Gonzato

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