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E tanto per spaventarci la chiamano Apocalisse

Sono arrivati i giorni della supercanicola, del Caronte con le corna rinforzate - scrive la Olga - e li abbiamo in parte mentalmente già scontati perché ossessivamente annunciati dalle previsioni meteo megafonate dai quasi compiaciuti telegiornali i quali, precludendoci ogni via di scampo, hanno battezzato l'assoluta emergenza con la sentenza definitiva di Apocalisse 4800 dove 4800 sta per l'altitudine in cui il termometro segnerà 0 gradi. Essendo l'Apocalisse la fine del mondo, se dovessimo uscire indenni dalle fiamme di questo Inferno, mi domando quale termine useranno i catastrofisti per definire una nuova più grave sciagura meteorologica. Al momento io e il mio Gino siamo ancora vivi, anche se tre o quattro volte al giorno ci annusiamo a vicenda per sentire se puzziamo di cadavere. Per andare al bareto mio marito si infila un sacchetto de giàsso sotto la baréta e se ne mette un cubetto in bocca e quattro nelle braghe, secondo le istruzioni del dottor Bugansa che è molto preoccupato per gli anziani. All'ombra degli alberi ci si ustiona per cui io e le mie amiche betòneghe preferiamo restare in casa dove il condizionatore soffia come una locomotiva, ma credo che la suggestione e l'allarmismo della televisione e dei giornali ci facciano percepire il calore più di quanto non dica il termometro. Venendo inoltre da mesi infuocati, siamo un po' temprati come i Bantù per cui dovremmo cavarcela. E, comunque, a meno che non ci si rifugi in un bosco montano, l'ombra non è più quella di una volta. «Te ricòrdito, Gino, l'ombra fresca de quel figàr quando érimo morosi e fighi maùri i ne cascava in testa e sémo dati el primo baso?». «L'era el secondo» mi risponde il mio Gino. Ora c'è cemento ovunque e il cemento e l'asfalto alitano fiamme che non risparmiano neanche le ombre. «Ossignór, me va a fógo le còtole!». L'Apocalisse non era ancora arrivata l'altro giorno mentre attraversavo la strada col sacchetto della spesa e ho avuto paura de ciapàr fógo. Figuriamoci adesso. I veciòti come me prendono fuoco più dei giovani. Se avessero il coraggio di uscire di casa, dovrebbero recare la scritta "infiammabile" come le autobotti di cherosene. Annuso il mio Gino. È vivo, sa di tappo.

Silvino Gonzato

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