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La posta della Olga

E il cinese Tan difende il presepe

Il cinese Tan, detto Tano - scrive la Olga - ha fatto il presepe. Non è una novità perché lo fa tutti gli anni e una volta ha vinto anche il secondo premio della parrocchia, non il primo perché aveva commesso alcuni errori di forma, non di sostanza, tra cui quello di aver sostituito i cammelli dei Magi con delle Kawasaki. Semmai la novità sta nel fatto che al bareto ha fatto un discorso che ha convinto tutti, anche il musulmano Kammamuri. Ha detto che quest’anno, con due guerre in corso e con tutto l’odio che sta minando la società, il presepe è più che mai un simbolo di pace e che ce ne dovrebbe essere uno in tutte le case e in tutte le scuole. «Ma ti no te si cinese? Ma da le to parte no i se inzenòcia davanti a Budda?» ha obiettato el Tegolina. Tan gli ha risposto un po’ in perfetto dialetto veronese e un po’ in perfetto italiano ma con inflessioni cantonesi che «un butìn su un mucéto de paia, un pare e ‘na mare, un musso e un bó, dei pastoréti e de le pegoréte dovrebbero accumunare tutto il mondo, anche uomini e donne di religioni diverse, perché in fin dei conti si tratta di una famiglia, e la famiglia tradizionale è alla base di tutte le società». «El parla come don Addolorato» ha commentato el Sfranza. L’unica variante del presepe del Tan, accantonate le Kawasaki, sono due lampade cinesi che ammantano di luce rossa i personaggi, ma per lui, nonostante i dettagli che possono essere introdotti, esclusi cannoni e carri armati purtroppo così tragicamente di moda oggi, il presepe dovrebbe essere universale, il fulcro di un girotondo in cui si allacciano i popoli di tutto il mondo. «El parla come el Papa» dice el Fufa. Poi el Tan se la prende con i dirigenti scolastici che vietano il presepe perché, secondo loro, urta la sensibilità dei bambini di altre religioni, e con i nemici del Natale che vorrebbero chiamarlo “Festa d’inverno”. «Sono solo ipocriti - dice el Tan - Sepolcri sbianchezati». «El sa anca el Vangelo» mormora el bareto.

Silvino Gonzato

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