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La posta della Olga

E dopo la piena tutti a casa

A guardare l’Adige grosso che sberlava i ponti e allargava paurosamente i gomiti contro gli argini, brutto e minaccioso come sempre quando è in queste condizioni - scrive la Olga - eravamo in tanti e molti si facevano i selfie come allo zoo davanti all’orso. Ci accorgiamo della presenza del fiume solo quando dà spettacolo, fa l’orso, insomma, come in una grande famiglia in cui si vive in armonia ci si occupa di un componente solo quando dà in escandescenze. Gli occhi degli spettatori non erano affatto inorriditi, sembrava che la curiosità e il divertimento prevalessero sulla pur fondata preoccupazione. Il ragionier Dolimàn, che era accanto a me e al mio Gino sul lungadige Re Teodorico a guardare giù, ma non tanto in giù perché l’acqua veniva sempre più in su, faceva l’inventario di tutto ciò che scendeva con la corrente, «che i manda zó i trentini» diceva e non lo diceva con simpatia. Un grosso albero, completo di tronco, fronde e radici, bussava con ossessiva ostinazione contro il ponteggio sotto le arcate di Ponte Nuovo. «A fòrsa de dai el le désfa» diceva il mio Gino che non so se tifasse per il ponteggio o per l’albero. Una famigliola, papà, mamma incinta e due bambini sembrava particolarmente rallegrata dallo spettacolo. «Apena ariva la piena, andémo a casa» diceva il papà. Ma chi sapeva riconoscere la piena che era annunciata «verso sera», piena che comunque non sarebbe arrivata se i trentini (sempre ‘sti trentini!) avessero chiuso in tempo la galleria Adige-Garda? Intanto il grosso albero continuava a caricare il ponte come un toro nell’arena e aveva nel frattempo ricevuto rinforzi da altri tronchi, e io qualche ansia l’avevo e tiravo il mio Gino per una manica perché mi portasse a casa. «Èmo visto bastansa, Gino, me fa mal la cervicale». «Spetémo la piena» mi rispondeva. E finalmente la piena è arrivata ma l’abbiamo capito solo perché uno vicino a noi ha esclamato «ecco la piena!» e si è sparsa la voce.

Silvino Gonzato

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