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Cara, cosa mi hai messo nel caffè?

Non ho mai rifiutato una tazza di caffè - scrive la Olga - perché il caffè è quel che ci vuole in certi momenti della giornata e, come diceva Nino Manfredi in uno spot, più lo mandi giù e più ti tira su. E davanti alla chicara fumante non penso mai che chi me la offre ci abbia messo dentro un sedativo, una droga o addirittura un veleno in modo da tirarmi giù temporaneamente o in eterno. Si tratterebbe, tra l’altro, di mancanza di originalità poiché da prima di Sindona a dopo Sindona non è inusuale che le cronache riportino casi di caffè corretti con sostanze talvolta fatali. È vero, certi caffè sono così cattivi che sembrano avvelenati, li butti giù malvolentieri ma dai la colpa alla macchinetta, alla guarnizione arrostita, alla scarsa qualità della miscela o alla maldestrezza di chi l’ha preparato. Forse non era tanto cattivo il caffè che Donatella Nardi, 56 anni, residente a Roncà ha offerto alla madre del compagno per stordirla e derubarla dei pochi ori che aveva. Non c’è bevanda più cordiale e affabile del caffè, di quello che si fa in casa con la moka e che salendo gorgoglia e brontola, non come quello del bar che fischia. Forse dico uno sproposito ma avvelenarlo è come avvelenare l’acqua santa. Del caffè ci si fida ed è per questo che lo si beve senza alcun sospetto nonostante le cronache e la letteratura invitino ad andarci cauti. Mi dicono che sulla tomba di un avvocato di Boston, sotto il nome del defunto ci sia scritto: «Cara moglie, cosa ci hai messo nel caffè?». Quando è il mio Gino a mettere su il caffè e a versarmelo nella tazzina gli dico spesso: «El ga un gustin che me piase poco. Ghèto par caso messo el velén par i rati?». Ma mai penso che mio marito mi metta il veleno nel caffè e la cosa è reciproca, credo. Avere piena fiducia in una persona è essere sicuri che non ti metterà mai niente di tossico nel caffè. Forse anche la suocera di Donatella Nardi si è fidata ma le suocere, si sa, sono una categoria a rischio.

Silvino Gonzato

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