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La posta della Olga

Andiamo a Parona a vedere le oche

L’amico architetto - scrive la Olga - telefona. «Se tu e il tuo Gino non avete niente da fare venite a Parona a vedere le oche». È Santo Stefano, stiamo ancora digerendo i codeghini di Natale. Guardo mio marito che sta russando in poltrona davanti al televisore acceso. «Gino - lo sveglio - l’è el Tullo, el dise se andémo a Parona a védar le oche che le vièn su da l'Àdese e le traversa la strada come moneghe in processión». Mio marito apre un occhio, si toglie il telecomando che era in precario equilibrio sulla patta delle braghe. «Se no gh’è altro da far - brontola - andémo a védar ‘ste oche». Il Tullo e la Pucci ci aspettano, le oche anche. Il traffico si ferma per farle passare. Sono in fila ordinata, impettite come fanti in parata, nessuna cerca di sopravanzare l’altra. Una scia bianca, morbida, lunga e grassa si sposta dalla riva del fiume ai giardini davanti alla caserma dei carabinieri, si rimpinza d’erba e poi torna, sempre disciplinata, da dove è partita. Guardo le oche con gioia pastorale. Ci teniamo a cordiale distanza. «Le camina come ti» mi fa il mio Gino che è un cattivo osservatore. Il Tullo ci dice che vanno anche davanti all’asilo come se sapessero che i bambini le guardano dalle finestre. La gente del posto le osserva divertita, a Parona le oche hanno sempre fatto parte del panorama. Gli automobilisti e i motociclisti che vengono da fuori finora hanno sempre frenato in tempo ma manca un cartello stradale che avverta del pericolo, come si usa altrove in presenza di animali selvatici. Il mio Gino si meraviglia che la Pro l’Oco non si dia da fare in questo senso. Il cartello servirebbe anche per i podisti che corrono abitualmente sul lungadige Attiraglio. Il Tullo ci racconta di un runner inseguito da un’oca a becco aperto e il mio Gino per istinto si porta una mano sul didietro accennando una smorfia di dolore. Penso che Parona potrebbe sfruttare anche turisticamente questa fortuna. Oche vive e dal vivo, non al forno. Tento un selfie con un’oca. Mi guarda male. Desisto.

Silvino Gonzato

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