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La posta della Olga

Acqua troppo cara. Col sécio nei fossi

È raro - scrive la Olga - che al bareto si parli di acqua. Nato come osteria, tale è rimasto nonostante l’Oreste, l’ultimo di una dinastia di osti, lo abbia delittuosamente ammodernato cambiando i bei tavoli che odoravano di vino stantìo con tavolini di plastica e sostituendo la bella insegna in lamiera con una al neon. Il nonno dell’Oreste, Ercole, detto Pigna, era uno di quegli osti che fanno la fortuna di un locale. Ben intonato, cantava romanze e passava per colto perché leggeva Turgenev e Flaubert. Si dice poi che portasse sulla spalla una poiana e che spillasse il vino direttamente da una botte collocata dove oggi c’è il biliardo. «L’aqua la smarsìsse i pali» era il suo motto che è anche quello dell’Oreste. Guai a nominarla. Ma oggi la notizia che in undici anni l’acqua del rubinetto a Verona è aumentata del 65 per cento e che continuerà a aumentare ogni anno ha infranto il tabù. Anche se non bevono acqua, gli avventori del bareto, tranne forse el Rufa, si lavano e mangiano la pasta che le loro mogli cuociono nell’acqua, usano lo sciacquone e si lavano i denti. El Sfranza, che ha aperto la discussione, ha detto di non rendersi conto di come in un territorio ricco di acqua come il nostro, le bollette siano sempre più care. «La dovarìa èssar a gratis» ha sbottato el Fufa il quale ha annunciato che d’ora in poi andrà a riempire el sécio nei fossi di Montorio. El ragionier Dolimàn, che legge i giornali, estendendo il discorso, ha detto che è un paradosso che in Basilicata non si paghi il gas perché ci sono i giacimenti mentre a Verona, pur essendoci tanta acqua, la si paghi più cara del vino. El ragionier ritiene pretestuoso che «quei de l’aqua» spieghino che più che l’acqua paghiamo «il miglioramento della qualità dei servizi» perché, come dice, «i rubineti de casa mia i pissa come ‘na òlta e, come ‘na òlta, me impienìsso i reni de calcare». «E mi go i calcoli» ha aggiunto el Toni Cóa. Da oggi al bareto per tirare lo sciacquone si paga un euro.

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