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Un Corno per ogni stagione

Nella grotta del Ciabattino (Mafrici)
Nella grotta del Ciabattino (Mafrici)
Corno d’Aquilio (Mafrici).

Per chi va sui monti ed è veronese (ma non solo), il Corno d’Aquilio è una certezza, anzi un «evergreen». Ci puoi andare in tutte le stagioni, i panorami sono sempre di prim’ordine e la fatica è relativa. Quando la neve imbianca la Lessinia, sono sempre in tanti a mettersi in marcia dalle Fittanze, a piedi, con le ciaspole e con gli sci, per salire in vetta. In primavera le fioriture sono spettacolari, d’estate lassù un po’ di aria fresca non manca mai, d’autunno la caduta delle foglie degli alberi - che oggi chiamiamo foliage - regala colori e suggestioni tali che qualcuno ha paragonato la Lessinia al Vermont, il piccolo Stato americano al confine con il Canada, famoso per lo sciroppo d’acero ma ancor più per i suoi incredibili colori autunnali.

E allora, visto che è ancora (per poco) «foliage time», andiamo sul Corno. Dalle Fittanze anche senza neve è una passeggiata alla portata di tutti. Io consiglio il bel sentiero che parte dalla contrada Tommasi, sopra Fosse, e aggira il monte sul lato Val d’Adige prima di salire verso la cima. Fosse è celebre fra gli speleologi di tutto il mondo perchè da qui, dalla “Katmandu della Lessinia”, l’ultimo avamposto abitato, partivano i pionieri per l’esplorazione della Spluga della Preta, l’Abisso che sprofonda con una serie di pozzi per quasi 900 metri e che, per decenni, è stata la cavità carsica più profonda del mondo. Ai Tommasi si arriva in macchina, il parcheggio è ampio (ma nei giorni festivi non basta mai).

Siamo a poco più di 1.100 metri, la cima del Corno è sopra di noi. Si sale a sinistra per la contrada Coste e, superato l’agriturismo omonimo, si percorre il largo sentiero Cai 234 che si sviluppa quasi in piano sopra la Valle dell’Adige. Uno breve strappo e siamo al passo di Rocca Pia, segnalato da un cippo che indicava il confine fra il Lombardo Veneto e il Tirolo. A sinistra si può visitare una trincea della prima guerra mondiale e raggiungere il belvedere di Rocca Pia. Il sentiero 234, detto anche dello Scalon o dei Contrabbandieri (e si capisce bene perchè), prosegue ben segnalato nel bosco, in piano e a saliscendi. Meglio prestare la dovuta attenzione alle radici, per evitare scivolate.

Si continua a lungo in traverso, passando sotto bellissime stratificazioni rocciose di calcari e conglomerati, fino a quando lo Scalon prima accennato si materializza e presenta il conto. Bisogna salire ripidamente fra le rocce fino a sbucare su una forcella che annuncia i pascoli del Corno. Si percorre poi una bella cengia a picco sulla Val d’Adige (attenzione!) e al suo termine, seguendo i segni biancorossi, si continua a destra sui pratoni che vanno risaliti fino a un bivio segnalato, dove il panorama si allarga in maniera spettacolare: all’orizzonte, dominato dalla catena del monte Baldo, spuntano i ghiacciai della Presanella, l’Altissimo di Nago, le rocce del Brenta e quelle del Carega, e poi gli immensi pascoli lessinici.

Si segue a destra la strada che passa dalla chiesetta degli speleologi (San Benedetto), sfiora la fotografatissima malga Fanta con la sua pozza, scende fra i prati e poi risale più decisamente verso il Corno d’Aquilio, che si raggiunge senza problemi. Dalla croce di vetta (1.545 m) lo sguardo si allarga verso il monte Pastello, il lago, la pianura e le dolci ondulazioni dell’alta collina veronese, con l’inconfondibile Santa Viola. Sul Corno si arriva in circa due ore e mezza dai Tommasi. Una sosta contemplativa è obbligata. Salutato il Corno, si scende al bivio sotto malga Fanta, si va a destra oltre il reticolato per andare a imboccare, superata una pozza, la valletta che scende verso la strada Aliana e che ci riporterà alla macchina.

Prima però è d’obbligo una visita alla vicina grotta del Ciabattino e all’imbocco della Spluga della Preta. La prima è una cavità accessibile a tutti, formata da rocce del Giurassico (circa 150 milioni di anni fa) caratterizzate dal famoso Rosso Ammonitico Veronese, che affiora fra gli strati di calcare bianco. La discesa nella caverna regala emozioni da tuffo nella preistoria. Tornati all’aperto, si risale il ripido pendio a sinistra fino all’imbocco della Spluga della Preta, cintato da lastre di pietra, il cui accesso è consentito solo agli speleologi (vietato sporgersi!), che sprofonda paurosamente nelle viscere della Lessinia. Il rientro, come detto, avviene dalla valletta che si imbocca scendendo dalla Spluga: il sentiero cala nel bosco senza particolari difficoltà fino a sbucare sulla strada Aliana (chiusa al traffico). Si va a destra e in pochi minuti si arriva al parcheggio.

IN BICI. Per chi vuole salire in mountain bike partendo dalla Val d’Adige, un lungo e ripido avvicinamento è obbligato per godersi poi la discesa fino a Ossenigo: o la Peri-Fosse o la Sdruzzinà sul versante trentino delle Fittanze! Roba per pochi muscolari o per gli elettrici. La Lessinia è comunque ricchissima di stradine militari e agricole che permettono bellissime pedalate fra le malghe e le vette. Dalle Fittanze si raggiunge il Corno velocemente, con ultimo tratto a spinta sotto malga Fanta. Volendo, si può tracciare un percorso a otto (o quasi) che sfrutta da un lato la Translessinia fino a Castelberto, Podestaria, monte Tomba e, dall’altro, la deviazione per il Corno e malga Preta. Tutto molto bello e fattibile.

Claudio Mafrici (claudio.mafrici@larena.it)

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