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Stivo, la montagna che non stufa mai

In discesa dalla cima: il meteo non è dalla nostra parte
In discesa dalla cima: il meteo non è dalla nostra parte
Stivo, la montagna che non stufa mai

Lo so, non poteva andare avanti così in eterno: prima o poi un giorno di cattivo tempo sarebbe arrivato, e così è stato. Anche se poi il maltempo si è rivelato una beffa, visto che a metà discesa la cima si è scrollata di dosso le nuvole e il sole ha preso il sopravvento. Peccato, perchè lo Stivo è fra le cime «a chilometri zero» (o quasi) più belle e panoramiche dell’area gardesana.

Montagna spettacolare, che si può salire da più versanti, in tutte le stagioni, a piedi, in bici, con gli sci, con le ciaspole. Una montagna che non stufa mai, come ricorda lo slogan di un gruppo di appassionati frequentatori: «Mai stuf del Stif».

Il classico percorso di salita parte da Santa Barbara: siamo in Val di Gresta, a cavallo fra la valle dell’Adige e quella del Sarca, in quel Trentino «minore» che minore proprio non è, ricco di itinerari per tutti i gusti. Santa Barbara è anche il punto di arrivo - o di partenza - della bellissima cavalcata di cresta Stivo-Bondone che arriva alle Viote e che consiglio vivamente per i panorami eccezionali che regala. Una traversata che si percorre, ben allenati, in giornata (1.400 metri in salita, 1.700 in discesa, 8 ore).

Dopo essere salito più volte da Santa Barbara, cioè il versante che guarda il lago, anche in bici (in mtb si parte da Arco, con lunga, faticosa salita e impegnativa discesa, ma di grande soddisfazione), stavolta ho preferito rifare il sentiero da passo Bordala (1.253 m), tracciato più «montano» anche se il lago si vede solo quando si è sulla cima. Dal passo si imbocca una stradina in piano che dopo un chilometro circa si stringe e inizia a salire fra le rocce, con scorci sulla Val d’Adige, sotto le pareti e i ghiaioni che segnano questo versante selvaggio dello Stivo, che è l’opposto di quello erboso di Santa Barbara, scolpito dall’antico ghiacciaio atesino e caratterizzato da spuntoni e guglie rocciose.

Il sentiero 623 è molto bello e segnalato, e ci deposita in poco più di un’ora alla Cima Bassa (1.683 m), quella della Madonnina, esattamente sulla cresta fra lo Stivo e la Cima Alta e il Palon, dove arriva anche il sentiero che sale da malga Campo, sopra la Valle dei Laghi. Poco sotto il valico si incrocia il sentiero che sale dalla Vallagarina (da Castellano), costruito dai prigionieri serbi durante la Grande guerra e che da loro prende il nome (la Strada dei Serbi). Dopo una sosta, si va a sinistra in direzione dell’evidente cima dello Stivo.

Si tiene la cresta per un bel tratto fino a un bivio segnalato: per lo Stivo si va a sinistra, mentre a destra il sentiero taglia il pendio per andare ad affacciarsi sulla Valle dei Laghi e raggiungere il rifugio Marchetti e quindi, in breve, la vetta. Questo tratto non è utilizzato d’inverno, con la neve, per il rischio di valanghe. Ed è anche il tracciato che usano i biker per la discesa dallo Stivo fino a Cima Bassa e poi a malga Campo; da qui, dopo una risalita a malga Vallestrè, ci si tuffa fino a Bolognano. Per la cima, come detto, meglio andare a sinistra sul ciglio della cresta. La croce luccica già sopra la nostra testa, ma per raggiungerla bisogna superare un tratto roccioso, che è delicato con ghiaccio, e poi una mugheta, comunque senza problemi.

La vetta (2.059 m), nelle giornate limpide, è uno spettacolare balcone che toglie il fiato. In primo luogo si ammira il lago di Garda, che da quassù appare davvero come un lunghissimo fiordo, e poi tutte le cime dell’Adamello, della Presanella, il Gruppo di Brenta, la cresta del Bondone e, sull’altro fianco della montagna, le lontane Dolomiti, i Lagorai, la cresta dal Cornetto di Folgaria al Becco di Filadonna e alla Vigolana, e poi gli immancabili Pasubio e Carega, oltre naturalmente al monte Baldo. Stavolta, però, con nuvole, foschia e un bel freddino (-10°), mi sono dovuto accontentare degli scorci verso la Valle dei Laghi e la Vallagarina. Il vicino rifugio Marchetti offre sempre una calda e simpatica accoglienza.

Per la discesa meglio avere almeno i ramponcini, considerati i rischi legati al ghiaccio. Volendo, si può percorrere un anello scendendo verso Santa Barbara e, poco prima, seguire le indicazioni per Sant’Antonio e poi su stradina fino a passo Bordala. Anche il ritorno dalla via di salita comunque non è male, dipende da quanto tempo si ha a disposizione. Nel mio caso, peccato solo per il panorama. Come detto, a metà discesa è però spuntato il sole e la vista si è allargata decisamente. Vabbè, lo Stivo è lì, non si muove, avremo altre occasioni. E io non sono «mai stuff del stif».

Claudio Mafrici (claudio.mafrici@larena.it)

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