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Nelle trincee del Nagià-Grom

La lapide collocata a ricordo dei militari austroungarici
La lapide collocata a ricordo dei militari austroungarici
Nelle trincee del Nagià-Grom (Mafrici)

Un caposaldo austro-ungarico della Grande guerra circondato da una trincea ancora in perfetto stato, che domina l’accesso alla val di Loppio e al lago di Garda, fra Mori e Nago. Andare ad esplorare il Nagià-Grom non è un’impresa da alpinisti: si tratta di un percorso senza difficoltà, percorribile in tutte le stagioni, sulle tracce lasciate da quel primo conflitto mondiale che ha segnato indelebilmente la storia del Novecento e ha lasciato una memoria materiale ancora ben visibile sui nostri territori, anche a distanza di oltre un secolo.

Siamo nella parte settentrionale del Benaco, che da questa posizione appare piuttosto defilato (se ne intravede solo un fazzoletto), nella parte bassa della trentina Val di Gresta, famosa per le sue coltivazioni biologiche e per i grandi silenzi dei suoi boschi esposti a sud. Siamo a meno di 800 metri di quota, 787 per l’esattezza, che si raggiungono facilmente in auto, al bivio a fondovalle, prima del lago di Loppio.

Due punti di partenza

Due i punti di partenza: il più agevole è poco prima del paesino di Manzano (ampio parcheggio). Chi vuole fare un po’ di dislivello può partire dalla chiesa del sottostante Valle San Felice (vicino al cimitero, pochi posti auto) e seguire una stradina asfaltata che sale fra i curatissimi terrazzamenti coltivati.

Si arriva in ogni caso alla partenza dell’anello, ben segnalato, per il monte Grom. Si sale subito ripidamente a sinistra nel bosco su un sentiero roccioso, ma la fatica finisce dopo pochi minuti quando, dopo un ultimo strappetto, ci si affaccia sulla cosiddetta Busa delle Anime, caratterizzata da una grande vasca per la raccolta dell’acqua, una scorta fondamentale fra queste rocce calcaree prive di sorgenti. Da qui, seguendo l’anello di trincee in cemento armato e camminamenti che circondano l’intero caposaldo, si va alla scoperta di postazioni di artiglieria, baracche, cucine, casermette, magazzini, ricoveri in roccia, punti di osservazione (c’è anche il basamento di un riflettore), gallerie, fuciliere. Il percorso principale segue la trincea perimetrale, per lunghi tratti ancora in perfette condizioni, larga una sessantina di centimetri, ricavata nella roccia e armata a dovere con abbondanti spessori di cemento.

L’intero fortilizio è stato al centro di un certosino intervento di recupero, portato avanti dagli alpini di Mori, che ha permesso di restituire alle visite un contesto di guerra abbandonato da decenni e quasi dimenticato, ma di eccezionale valore storico.

Caposaldo naturale, la storia del Nagià-Grom

La storia del Nagià-Grom è quella di un caposaldo naturale che gli austriaci avevano deciso di trincerare, insieme al vicino monte Faè, per controllare meglio l’accesso alla Val di Loppio e al lago, unendo a bassa quota la linea difensiva di Riva del Garda con quella della Vallagarina (Rovereto). Il Grom era di fatto il perno basso del gruppo di combattimento del monte Biaena, che venne creato arretrando le difese dalla linea di confine naturale fra il Pasubio, il monte Zugna e il Baldo (già parzialmente rafforzata nei primi anni del ‘900) per accorciare un fronte che, alle quote più elevate, si riteneva troppo lungo e poco gestibile dal punto di vista logistico (armamenti, rifornimenti, vie di accesso).

La stessa cosa avvenne, ad esempio, al passo del Tonale. La decisione di fortificare questa linea “bassa” di difesa del Tirolo meridionale era stata presa nell’estate 1914, subito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, quando l’Austria era già in lotta sul fronte orientale contro Serbia e Russia e, pur formalmente alleata, temeva un attacco dell’Italia. La scelta degli alti comandi di arretrare la linea sul fronte sud si rivelò però errata, perchè nel maggio 1915 permise alle truppe italiane di occupare agevolmente alcune posizioni che si rivelarono strategiche per il seguito del conflitto, e che vennero poi in parte riconquistate a prezzo di grandi perdite di uomini e mezzi.

I lavori sul cucuzzolo poche settimane prima dell'entrata in guerra

I lavori sul cocuzzolo del Nagià-Grom iniziarono nella primavera del 1915, poche settimane prima dell’entrata in guerra dell’Italia; il campo trincerato, operativo a 360 gradi e completamente autonomo, venne poi consolidato dopo l’inizio delle ostilità, invisibile alle soprastanti batterie italiane del monte Altissimo di Nago, decisamente lontane dal fronte.

La passeggiata attorno al caposaldo dura meno di due ore e può essere interrotta con una sosta nella vasta area picnic con punto panoramico creata dagli alpini. Il dislivello è minimo. La parte sommitale del Nagià-Grom è occupata da un osservatorio di artiglieria che offre un bel colpo d’occhio sull’altopiano di Brentonico, con le posizioni del monte Vignola, ma anche sullo Zugna e su Mori, arrivando fino al Col Santo e al Pasubio. Un osservatorio che era essenziale per verificare e migliorare la precisione dei tiri delle batterie. Sul percorso sono evidenti anche i numerosi crateri causati dalle esplosioni: il Nagià-Grom venne infatti più volte bombardato dalle artiglierie italiane, ma qui non ci furono mai combattimenti ravvicinati.

 

Claudio Mafrici

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