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Il balcone delle Maddalene, la miniera d'oro degli escursionisti

Claudio Mafrici con la moglie Daniela sulla vetta del monte Luco
Claudio Mafrici con la moglie Daniela sulla vetta del monte Luco
Il balcone delle Maddalene

Il mondo segreto delle Maddalene è uno scrigno di cime belle, facili e panoramiche: una miniera d’oro per gli escursionisti che, anche in questo caso, sono soprattutto i local, mentre di veronesi se ne incontrano pochini. Un peccato perché questa catena, attraversata anche da un bellissimo trekking di circa 50 chilometri - il sentiero Aldo Bonacossa, segnalato con il numero 133 -, rappresenta un gioiellino nel panorama escursionistico atesino, incuneata com’è fra Val di Non, Val di Rabbi e Val d’Ultimo. Tante vette, anche con dislivelli importanti, ma anche sentieri per malghe e laghi, mete ideali per tranquille camminate molto spesso in totale solitudine.

Le Maddalene vanno ad incunearsi nel Parco dello Stelvio, al passo di Rabbi, ed è qui che raggiungono la loro quota massima nella solitaria Punta di Quaira (2.752 m) e nella vicina Cima Tuatti (2.701 m). Da qui si può proseguire verso il lago Corvo e il rifugio Dorigoni oppure scendere al lago di Santa Gertrude, in Val d’Ultimo.

La vetta più frequentata delle Maddalene è sicuramente la Cima degli Olmi (2.656 m), raggiungibile anche dalla Val d’Ultimo, ma quella a mio parere più interessante è il monte Luco Grande (2.434 m), all’estremità orientale della catena, di facile accesso grazie alla strada che sale al passo delle Palade, che collega la Val di Non con la conca di Merano.

Panorama da brividi buono in tutte le stagioni

Il monte Luco regala un panorama di prim’ordine, sia verso le Maddalene che verso la moltitudine di vette del gruppo Ortles-Cevedale, con l’Orecchia di Lepre in particolare evidenza, mentre dall’altra parte ci si affaccia sulla Valle dell’Adige, con le Dolomiti in bella mostra all’orizzonte, mentre verso sud si intercettano le altre Dolomiti, quelle di Brenta. A nord, a chiudere il cerchio, le montagne della Val Venosta e la catena spartiacque con l’Austria.

Splendida montagna-balcone, dunque, che viene salita praticamente in tutte le stagioni (e quindi, specie nei giorni festivi, qui gli escursionisti non mancano) che regala un bel giro ad anello percorribile in 5 ore, con 1.000 metri di dislivello. La partenza è appena sotto il passo delle Palade, salendo dalla Val di Non, dove si parcheggia. Si va a prendere il sentiero che sale alla malga Monte Luco e che ben presto si va ad innestare sulla stradina forestale che si segue per un buon tratto fino alla deviazione a destra per il rifugio, aperto in genere fino a tutto ottobre, che si raggiunge in un’oretta dal passo.

Un anello che non delude

L’anello vero e proprio inizia da qui e può essere percorso da entrambi i lati. Personalmente preferisco la salita dal versante sudovest, che percorre la lunga e panoramica cresta del Luco Grande (ed è anche il tracciato scialpinistico). Dalla malga si va a sinistra seguendo le indicazioni (sentiero 10A). Si attraversa un lariceto e poi gli estesi pascoli del Pradont fino a portarsi sul crinale. Siamo sopra la cosiddetta Hochalm, basta girarsi e si ammira già uno splendido panorama. Si sale senza strappi fino a incrociare il sentiero Bonacossa, il citato 133, che si interseca con la via di salita anche una volta arrivati in cresta.

Noi proseguiamo diritti sul bel crinale via via sempre più panoramico. Con la neve meglio restare il più possibile sullo spartiacque, evitando gli invitanti traversi che aggirano i vari dossi della cresta, che sembrano agevoli sul lato della Hochalm ma in realtà non lo sono, anzi possono diventare pericolosi. Con abbondante innevamento, e quindi con le ciaspole o con gli sci, fare attenzione a eventuali cornici che si formano soprattutto sul versante occidentale. Comunque di solito è presente una chiara traccia. La parte finale della cresta presenta alcuni tratti ripidi ma è sempre ben percorribile. Raggiunta la croce di vetta la soddisfazione è grande.

Posizione isolata al confine linguistico

Questa è una montagna davvero super panoramica, a motivo della sua posizione isolata, e rappresenta anche un confine linguistico fra italiani e tedeschi. Dopo il meritato riposo, comincia la discesa, che può avvenire sul versante di salita, più sicuro in caso di innevamento significativo. In caso contrario, ed è la situazione che abbiamo trovato noi - io, mia moglie Daniela e il collega Enrico -, si chiude l’anello scendendo direttamente sotto la croce lungo il facile sentiero attrezzato che permette di superare il ripido versante sudest.

Le attrezzature si limitano a qualche cavo che si utilizza come corrimano (non serve il kit da ferrata, semmai possono essere utili dei ramponcini), e a una serie di scalinate di tronchi magnificamente collocati, che ostacolano le frane e agevolano la discesa, anche se obbligano a passi decisamente più lunghi. Si passa non lontano dal laghetto di Luco, che si può raggiungere in pochi minuti; per chi vuole c’è anche la vetta del Luco Piccolo (2.296 m).

Quindi si cala più decisamente nel vallone verso destra fra ghiaie e magri pascoli fino a raggiungere di nuovo la malga monte Luco, chiudendo l’anello. Dall’incrocio di sentieri segnalato vicino al laghetto è anche possibile scendere direttamente al passo delle Palade seguendo il sentiero Bonacossa. Se invece si è raggiunta la malga, per la discesa si segue il sentiero dell’andata per un breve tratto, quindi si va a sinistra sulla larga forestale che si abbassa fino al passo delle Palade. Da qui in breve si arriva alla macchina

 

Claudio Mafrici

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