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Dolomiti, il giro dei sette passi

Il facile tratto attrezzato che porta sulla cresta per il passo Molignon (Mafrici)
Il facile tratto attrezzato che porta sulla cresta per il passo Molignon (Mafrici)
DOLOMITI IL GIRO DEI SETTE PASSI

Stavolta ho voglia di vincere facile. E allora dico Dolomiti, meglio ancora Catinaccio anzi Rosengarten, il giardino delle rose di re Laurino, dove al tramonto si può ammirare lo spettacolo unico dell’enrosadira, quando la grande scogliera corallina, che emerse dal mare circa 60 milioni di anni fa, si tinge di rosa e arancione un attimo prima di sprofondare nell’ombra della sera. Chi non l’ha mai vista dovrebbe venire da queste parti (perfetto il versante ovest, rifugio Fronza alle Coronelle). Difficile non rimanere stregati da questi monti.

E allora, visto che le quote più elevate sono state già spolverate dalla neve ma l’autunno regala ancora giornate stabili, ne approfitto e parto. La salita più comoda resta quella da Campitello di Fassa: il costoso servizio navetta fino al rifugio Micheluzzi (1.860 m) questa volta mi fa comodo perchè il giro è lungo (almeno 6 ore) e non ha senso correre dietro al cronometro in posti come questi. Si risale la bucolica Val Duron, e poco a poco le grandi pareti dolomitiche della Croda del Lago e del Molignon si ergono alla nostra sinistra, mentre a destra le rocce scure nate da antiche eruzioni vulcaniche creano singolari formazioni, come i Frati.

Davanti a noi ci sono le guglie spettacolari dei Denti di Terrarossa, mentre il Sassopiatto fa vedere poco a poco la sua mole verso la Val Gardena. Si raggiunge malga Docoldaura, dove la stradina (sentiero 532) inizia a salire più ripida verso il passo Duron (2.204 m). Sul valico, basta percorrere poche decine di metri per godere dell’affaccio meraviglioso sull’Alpe di Siusi, mentre all’orizzonte si staglia l’innevata cresta di confine con l’Austria. Si prosegue a sinistra, sempre su stradina comoda, su quello che è il Dolomites Unesco Geotrail, e dopo un ripido tratto, si sbuca sul passo di Tires (2.440 m), il secondo della giornata, dove si può fare una sosta nel vicino, celebre rifugio Alpe di Tires.

Si riparte in direzione del passo Molignon (sentiero 554, 3A) superando un ripido ma agevole tratto attrezzato con corrimano. Il sentiero percorre la larga cresta in direzione del valico, che si raggiunge dopo un bel traverso (2.598 m). Dal passo ci si affaccia su un impressionante catino circondato da vette dolomitiche spettacolari come la Cima del Principe, la Croda dei Cirmei, la Cima del Lago con il suo ombroso canalone, la Cima di Valbona e, naturalmente, il Catinaccio d’Antermoia.

Ora bisogna scendere. Perdiamo 300 metri secchi di dislivello calando fra pareti di roccia fino al bivio (2.300 m) per il rifugio Bergamo. Noi teniamo la sinistra e sul sentiero 554 cerchiamo di non perdere più di tanto quota, puntando in direzione del passo Principe. Il sentiero attraversa una serie di canaloni (attenzione con neve o ghiaccio) sotto la Cima del Lago e poi sotto la parete del Catinaccio d’Antermoia e con un’ultima faticosa risalita si sbuca sul valico, dove c’è il rifugio Principe (2.600 m). Ci attende un ultimo strappo, quello per il Pas de Antermoia (2.770 m), mentre ai nostri piedi si apre il vallone del Vajolet con le celebri Torri e la Cima Catinaccio.

Al passo (il quinto della giornata) l’orizzonte si allarga verso la conca dolomitica che ospita il solitario lago di Antermoia e poi l’omonimo rifugio (2.496 m), che guarda verso le lontane Pale di San Martino. Le fatiche a questo punto, dopo circa 1.200 metri di dislivello positivo, sono quasi finite, nel senso che ora si deve solo scendere. Prima però, una brevissima risalita ci porta al panoramico passo di Dona (2.516 m). Da qui si ammirano il Sassolungo, il Sella, la Marmolada, il Pelmo. Si scende, stando alti sulla Val di Dona, fino al settimo passo, quello delle Ciaregole (2.282 m), caratterizzato da scure terre vulcaniche, che ci accompagnano in discesa fino alla stradina della Val Duron percorsa all’andata. In piano si torna al rifugio Micheluzzi, da dove in una quarantina di minuti si cala ripidamente a Campitello e alla macchina.

IN BICI. Questo anello non si pedala di certo, nemmeno con una e-bike. Ma il primo tratto della Val Duron, fino al rifugio Alpe di Tires, è fantastico in mountain bike, anche perché ci si può raccordare poi ai percorsi dell’Alpe di Siusi (attenzione ai divieti in estate) e della Val Gardena, molto amati dai biker tedeschi. Da Tires si può anche arrivare, con vari tratti a spinta, al panoramico rifugio Bolzano sullo Sciliar (ideale fuori stagione). In ogni caso, ambienti eccezionali, nel cuore delle Dolomiti patrimonio dell’umanità. Davvero non c’è confronto.

claudio.mafrici@larena.it

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