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Bici e Monti

Cima di Lobbia, camminare sui confini

Lobbia, camminare sui confini

L’estremità orientale della Lessinia è quasi un mondo a sé, e il lungo crinale che da Campofontana sale verso gli alpeggi, le «montagne» (montagna Lobbia, montagna Terrazzo), in direzione delle Piccole Dolomiti, è da sempre una terra di eccellenti pascoli, di un verde che d’estate toglie il fiato, ma anche una terra di confine, colonizzata dai Cimbri nel Medioevo, punteggiata di contrade nelle quali si materializza ad ogni passo la storia di tante famiglie veronesi.

La presenza di stele, santelle e sculture racconta anche di una diffusa religiosità popolare, il cui simbolo è senza dubbio la straordinaria e famosa Madonna della Lobbia, autentica «Pietà» della Lessinia che si trova a contrada Pagani. E di questa terra di confine è originaria anche suor Pura Pagani, per la quale è in corso il processo di beatificazione, che è sepolta nel piccolo cimitero di Campofontana, meta di fedeli da tutta Italia. Qui arriva anche il pellegrinaggio che parte dalla vicentina Durlo. E qui transita quello diretto alla Madonna della Corona. Questo crinale era anche l’antico confine fra l’Impero Asburgico e il Regno d’Italia.

Terra di confine anche dal punto di vista geologico: questa è una «zona di contatto», nella quale si mescolano le rocce vulcaniche della sottostante Val d’Alpone con le bancate calcaree che sostengono l’altopiano lessinico e affiorano sulla cresta, con rocce incredibilmente lavorate dall’acqua, a cui si sovrappongono imponenti strati di Rosso ammonitico, le famose «sfingi», che caratterizzano le aree sommitali. A chiudere il cerchio c’è Bolca, con i suoi celebri pesci fossili, che è solo a qualche chilometro da qui. Infine, come detto, questa è una delle porte d’ingresso delle spettacolari Piccole Dolomiti Vicentine che si allungano fino al Carega.

Insomma, un luogo davvero speciale, una terra di silenzi, a mio parere la parte più autentica dell’altopiano lessinico, quella meno turistica, solitaria ma non per questo meno interessante. E l’anello della Cima di Lobbia è sicuramente uno degli itinerari più belli del Veronese, che merita anche con la neve (non quest’anno purtroppo), e che si presta a fantastici trekking anche di più giorni, grazie a una fitta rete di sentieri e strade militari. Aggiungiamo che i tracciati sono in genere ben segnati, e il gioco è fatto.

L’itinerario si sviluppa sulla cresta meridionale della Catena delle Tre Croci, la cui cima più elevata è il monte Zevola (1.976 m). Non è adatto alla mountain bike, mentre in bici si possono percorrere le stradine che collegano malghe e contrade. Si parcheggia davanti al cimitero di Campofontana e poi si seguono i cartelli biancorossi, lungo una stradella per una manciata di minuti, fino a trovare una indicazione a destra per il monte Telegrafo. Lasciata la traccia principale, che percorreremo al rientro, si sale subito ripidamente sul sentiero che si porta in cresta e va ad affacciarsi sulla boscosa alta valle del Chiampo, con singolari affioramenti rocciosi e guglie, in ambiente via via più panoramico. Si suda un po’ ma ne vale davvero la pena. Dopo una serie di ripidi strappi, la sottile linea del nostro cammino si tranquillizza e, con un’altra serie di saliscendi, ci deposita su Cima Telegrafo (1.562 m), che regala già un bel panorama. Dalla cima si scende lungo il crinale fino alla Forcella di Monte Porto (1.527 m), dove sbuca il sentiero che arriva da Campodalbero, nel Vicentino. Si prosegue sul crinale in vista del Monte Porto, che si raggiunge dopo aver attraversato un pendio caratterizzato da singolari affioramenti calcarei lavorati dalle acque. Lo stesso vicino monte Porto (1.629 m) è un affioramento roccioso, in questo caso di Rosso ammonitico. Il sentiero scende a lato della cresta e poi risale senza troppa fatica fino al monte Scalette (1.613 m), che precede la vetta di Cima di Lobbia (1.672 m, 1 ora e 45 minuti dalla partenza, soste escluse), con rudimentale croce di legno, ottimo punto panoramico sull’altopiano da una parte e sulle Piccole Dolomiti dall’altra, tagliate dall’evidente tracciato del sentiero di arroccamento n. 202, realizzato durante la Grande guerra, che da Cima Marana (Recoaro) arriva a Cima Levante e si può prolungare fino a passo Buole, risalendo poi allo Zugna. Un lunghissimo, eccezionale itinerario in quota che prima o poi farò.

Dalla cima si vede il sottostante rifugio Bepi Bertagnoli (1.225 m), sovrastato dall’imponente scoglio calcareo del monte Gramolon (1.814 m), una delle più belle e frequentate vette della Piccole Dolomiti Vicentine. Si rientra a Campofontana seguendo il sentiero 205 (a sinistra in un’oretta si arriva al passo della Scagina, sopra la Val Fraselle, che si collega a Giazza) che scende per pascoli lungo un crinale passando vicino alla malga Porto di Sopra (pozze d’acqua), allargandosi poi a stradella. Una ripida cementata si abbassa verso contrada Pagani, senza raggiungerla. Si supera un cancello e in un quarto d’ora si è al parcheggio. L’anello richiede circa 3 ore.

 
Claudio Mafrici

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