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Carega, il balcone sopra le nuvole

Panorama dalla cima: all'orizzonte l'Adamello, la Presanella e il Gruppo di Brenta (Mafrici Claudio)
Panorama dalla cima: all'orizzonte l'Adamello, la Presanella e il Gruppo di Brenta (Mafrici Claudio)
VERSO IL CAREGA

Il Carega non delude mai, in ogni stagione. Salirlo però in autunno, quando l’inversione termica relega freddo e nuvole in basso e regala sole e caldo in quota, per me resta l’esperienza più bella.

E così, in questi mesi, se la giornata promette bene, un’escursione fino ai 2.259 metri della cima, regina delle Piccole Dolomiti, non può assolutamente mancare. Anche perchè il bello del Carega è che si tratta di una montagna per tutti. Ed è, inutile dire, eccezionalmente panoramica. Quindi, che Carega sia.

A PIEDI. La partenza classica è dal rifugio Revolto, a 1.336 metri, che si raggiunge risalendo la Val d’Illasi fino a Giazza (750 m), in terra cimbra. Da qui la strada prosegue nella foresta, supera il rifugio Boschetto e poi, più su, l’unico problema è trovare un posto auto, specie nel fine settimana. Chi vuole può partire anche da Giazza o dal Boschetto, è tutto segnalato (ma molto più lungo). Dal Revolto si può anche scendere verso il sentiero europeo E5 e arrivare al rifugio Scalorbi risalendo il bellissimo vallone di Campobrun.

La via più battuta e più agevole resta quella che, dal Revolto, sale al rifugio di passo Pertica. Il sentiero a scalini è un po’ faticoso ma rapido e sbuca sulla stradina davanti al monumento in ricordo di don Mercante. Da qui una breve deviazione evita un tornante e si riporta sulla sterrata. Il Pertica è un crocevia di sentieri: da qui si può raggiungere San Giorgio, in Lessinia, oppure scendere a Ronchi, in Val d’Ala, oppure salire al Carega dal sentiero alpinistico Pojesi (per esperti, con attrezzatura) o affrontare la breve ma verticale ferrata Biasin.

Noi proseguiamo sulla spettacolare stradina militare scavata nella roccia (galleria) fino a una deviazione segnalata per il Vallon della Teleferica, che serpeggia tra i mughi ai piedi di Cima Madonnina. Qui il panorama poco a poco si allarga fino a intravedere il rifugio Fraccaroli (2.238 m), sotto la cuspide terminale. Il sentiero è ben tracciato e più roccioso, ma non presenta difficoltà. L’unico tratto che richiede attenzione è quello finale, ma comunque senza problemi. Dalla partenza alla vetta si impiegano circa 2.15 ore.

Se la giornata è limpida, il panorama è incredibile: si può ammirare tutto l’arco alpino orientale, dall’Adamello al Brenta, alla Marmolada, alle Dolomiti bellunesi, fino al Friuli, ma si può scorgere anche la Laguna veneta. E ancora, gli Appennini e il monte Rosa e tutte le vette delle Prealpi, dal Baldo al Pasubio. Per la discesa vale la pena seguire il sentiero per Bocchetta Mosca (2.029 m), che si affaccia sul vajo dei Colori (bellissima salita invernale da passo Campogrosso) da dove si può raggiungere in una mezz’ora il rifugio Scalorbi.

Noi proseguiamo sul sentiero fino al bivio per la Bocchetta dei Fondi, teniamo la destra e ci abbassiamo gradualmente verso lo Scalorbi sul versante dell’Obante. Scesi in una gola fra le rocce, si raggiunge infine il rifugio. Da qui si può percorrere tutto il suggestivo vallone di Campobrun (attenzione, tratti esposti) fino al bivio di quota 1.255 m, e risalire quindi al Revolto (80 metri di dislivello), oppure riprendere la vecchia strada militare che ci riporta al Pertica e poi al Revolto. Dislivello complessivo 900 metri.

IN BICI. Il Carega è diventato una classica della mountain bike e dell’enduro, ma la notevole presenza di escursionisti mi spinge a dire ai ciclisti: non andateci nel fine settimana o in stagione. Oppure partite molto presto. In ogni caso la convivenza è possibile, ma con il massimo rispetto.

In genere il punto di partenza è il parcheggio di Giazza (750 m). Da qui si risale su asfalto fino al Revolto e poi lungo la strada militare che porta allo Scalorbi (1.767 m). Fin qui tutto ciclabile. Per raggiungere il Carega conviene seguire il sentiero alle spalle del rifugio Scalorbi, che sale a Bocchetta Mosca, più pedalabile per i muscolari, anche se un po’ per il fondo e un po’ per la stanchezza, a un certo punto di solito si spinge o si porta in spalla la bici fino al Fraccaroli.

Chi ha l’e-bike, con un po’ di impegno e qualche tratto a piedi, può arrivarci in sella. Per la discesa si torna a Bocchetta Mosca, dove a destra si imbocca il bel sentiero 192 che ci fa atterrare di nuovo allo Scalorbi. Da qui si può tornare lungo la strada fino a Giazza (dislivello 1.500 metri). L’alternativa per i biker più esperti (la più bella ma anche la più difficile) è il tratto che sale al Plische, scende al passo della Lora, risale al passo Zevola, aggira il monte Terrazzo e si tuffa verso la malga omonima, da dove a tornanti si scende di nuovo all’asfalto e alla macchina. Discesa per lunghi tratti molto impegnativa.

Claudio Mafrici (claudio.mafrici@larena.it)

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