<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Bondone, i colori delle tre cime

La ripida salita per la Cima Verde
La ripida salita per la Cima Verde
La ripida salita per la Cima Verde
La ripida salita per la Cima Verde

Se dico Tre Cime mi viene da pensare in automatico alle Tre Cime di Lavaredo, simbolo universale delle Dolomiti. Ma le Tre Cime ci sono anche sul Bondone, la montagna di Trento, e a differenza delle prime, che sono solo per ottimi alpinisti, queste sono fattibili da tutti o quasi.

Cima Verde, Doss d’Abramo e Cornetto rappresentano una splendida trilogia, e regalano panorami eccezionali sia verso le Dolomiti di Brenta che verso il Lagorai e le vette del Trentino orientale. Un balcone di prim’ordine che si raggiunge naturalmente da Trento, lungo gli infiniti tornanti della strada del Bondone, ma anche dalla Valle dei Laghi, sopra Riva, oppure da Rovereto passando per Aldeno e Garniga Terme (strada più stretta ma meno battuta). Si parcheggia al Centro fondo delle Viote, a 1.500 metri di altezza. Le Tre Cime sono davanti a noi, mentre alle nostre spalle c’è il Palon, che è invece il vertice dell’area sciistica del Bondone.

Il giro delle Tre Cime si può percorrere sia partendo dalla Cima Verde che dal Cornetto, la vetta più alta. L’unico ostacolo vero è il Doss d’Abramo, il cui accesso avviene o lungo la via ferrata Segata, diretta ma decisamente impegnativa, oppure affrontando in traversata due brevi tratti attrezzati, uno ad est e l’altro a sud, fattibili anche senza il kit da ferrata ma che richiedono entrambi attenzione (più il primo che il secondo). La cima si può comunque evitare aggirando lo zoccolo roccioso sul versante ovest.

Io sono salito prima sulla Cima Verde seguendo l’itinerario fatto dal mio amico Alessandro, che l’anello l’ha percorso con la mtb (in spalla per lunghi tratti). Si parte dalle Viote e si seguono i cartelli per la Cima Verde, che ci portano lungo la strada che si abbassa verso Garniga. Si può anche aggirare il biotopo delle Viote per andare a prendere il sentiero 636, ma è meno diretto. Dopo alcune centinaia di metri si va a destra (parcheggio) seguendo una stradina che ci obbliga a un lungo giro, ma poi svolta a sinistra e ci deposita ai piedi del boscoso versante nord della Cima Verde. Fin qui tutto tranquillo, ma finiti i prati, quando si entra nella Riserva naturale integrale delle Tre Cime, il sentiero 636 inizia a salire sempre più decisamente (cartelli che segnalano la possibile presenza di orsi) e dopo un paio di bivi segnalati entra nel bosco e sale sempre più ripidamente.

Non ci sono alternative. Senza possibilità di errore, faticando sulle rampe, dopo 500 metri di dislivello positivi si sbuca sul ripido pratone sommitale, poco sopra quota 2000. Mancano 100 metri, l’ultimo strappo fa sudare un po’, ma la cima ormai è nel sacco. Dal sentiero si devia brevemente a sinistra per salire ai 2.102 metri della Cima Verde.Spettacolo! La montagna è verde sul versante appena percorso ma sull’altro è completamente rosa, perchè caratterizzata dalla cosiddetta scaglia rossa, una roccia sedimentaria ricca di fossili che risale al Cretaceo superiore (da 100 a 65 milioni di anni fa). Davvero splendida. Ai nostri piedi abbiamo la piana delle Viote da una parte e dall’altra, quasi duemila metri più in basso, Trento e la valle dell’Adige. Difficile non rimanere colpiti da questa bellissima vetta, che è anche molto panoramica, con le Dolomiti di Brenta che svettano verso occidente. Per salire in vetta c’è anche un percorso che segue le creste verso la Val d’Adige: ho letto che è molto bello ma non l’ho mai fatto. Ci andrò.

Dalla Verde si torna al bivio e si scende brevemente in questo paesaggio tinto di rosa fino a una breve risalita che ci porta sotto la croce del roccioso, bianco Doss d’Abramo (2.145 m). Se si va a sinistra si accede alla ferrata Segata, oppure si sale in vetta seguendo un ripido canale attrezzato che sbuca sulla forcella sotto la croce. Noi siamo invece scesi a destra seguendo la parete della montagna fino a un bivio. Risalendo a sinistra in breve si raggiunge l’aerea selletta che dà accesso all’altro breve tratto attrezzato che porta sulla cima. Insieme a mia moglie e alla nostra cagnetta Nairobi ci siamo portati all’attacco, ma abbiamo rinunciato perchè il canalino non è certo a misura di quattrozampe! Il tratto attrezzato comunque è fattibilissimo (per sicurezza portarsi il kit da ferrata e l’imbrago) ed è diviso in due, il primo più verticale ma con staffe, il secondo su rocce gradinate. In breve si arriva sul pianoro sommitale del Doss, dove si estende un prato e una mugheta, che arriva fino alla forcella già citata, sulla quale sbuca l’altro tratto attrezzato, e dalla quale si accede alla croce di vetta.

Si ritorna alla selletta e si riprende a salire sulla cresta, con lo zoccolo di rocce grigie del Cornetto che ci sovrasta. Noi abbiamo seguito il sentiero classico che si collega a destra, poco sotto la cima, al tracciato che arriva dalle Viote. In realtà, si può salire anche lungo il versante nord (ripida mulattiera) fino a un visibile palo e poi incunearsi in una stretta spaccatura nella roccia dalla quale si accede al punto più elevato della traversata (2.180 m).

Il sentiero normale per il Cornetto sale invece a gradoni da sud, con qualche banale passo di arrampicata, fino alla croce. Grandissimo panorama! Quassù ci ero salito anche in bici (spingendo e portando), con partenza da Rovereto Nord e discesa «vertical» sul lago di Cei.

Dopo un ottimo panino, comincia la discesa, che avviene nella parte alta lungo la spettacolare Costa dei Cavai, caratterizzata da estesi affioramenti di scaglia rossa che affondano nella sottostante Val del Merlo, che d’inverno con la neve si trasforma in un parco giochi per scialpinisti e freerider.

Dopo una comoda parte in cresta, il sentiero 607 si fa più accidentato, sassoso e ripido, e con un bel po’ di ginnastica per le ginocchia si ritorna sui pratoni delle Viote e alla macchina, stanchi ma soddisfatti. Il dislivello complessivo è di circa 800 metri, i tempi per la traversata si aggirano, a seconda del passo, sulle 4-5 ore.

 

Claudio Mafrici

Suggerimenti