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Il progetto della cantina Suavia

Tre sorelle e tre «cru»: «Così si valorizza il Soave»

Le Tessari hanno lanciato una nuova linea: tre bianchi che raccontano suolo e microoclima di altrettanti terreni
Le sorelle di Suavia (Da sinistra) Meri, Alessandra e Valentina Tessari
Le sorelle di Suavia (Da sinistra) Meri, Alessandra e Valentina Tessari
Le sorelle di Suavia (Da sinistra) Meri, Alessandra e Valentina Tessari
Le sorelle di Suavia (Da sinistra) Meri, Alessandra e Valentina Tessari

Suavia lancia tre vini che mettono in luce le peculiarità di altrettante Uga (Unità geografiche aggiuntive) della denominazione Soave, esaltando il loro patrimonio storico, microclimatico e ambientale. Sono il risultato di cinque anni di lavoro e, in particolare, di uno studio avviato nel 2021 sulle peculiarità di terreni vulcanico-basaltici intrapreso da Alessandra, Meri e Valentina Tessari con Giuseppe Benciolini, specializzato in pedologia, la disciplina che studia la composizione, la genesi e le modificazioni del suolo.

La linea «I luoghi»

Ne è nata la linea «I luoghi»: 2000 bottiglie per ogni cru, ovvero Fittà, Castellaro e Tremenalto del 2020, presentati nelle scorse settimane al Consorzio Tutela Vini Soave e Recioto di Soave. «Siamo contenti che si sviluppino studi ad hoc per valorizzare le Uga, che sposano in modo unico terroir, vini e tipicità», ha commentato Igor Gladich, direttore dell’ente.

Un’esperienza pionieristica, quella avviata da Suavia, in tre vigneti che rappresentano il 5% del suolo vitato dell’azienda agricola, che ha 30 ettari di cui 17 coltivati a Garganega: «Per mettere in luce appieno le peculiarità dei cru abbiamo scelto solo questo vitigno e abbiamo effettuato affinamenti in acciaio perché a fare la differenza non siano i metodi ma le peculiarità dei luoghi», ha spiegato Alessandra Tessari.

Maurizio Ugliano, docente di enologia all’università di Verona, ha riconosciuto ai vini Soave e ottenuti con sola Garganega la capacità di trasmettere identità e tipicità sensoriale, ad esempio attraverso note di pompelmo, frutto della passione, fiori ed erbe aromatiche per i bianchi più giovani: «In base a studi avviati nel 2017, abbiamo riscontrato un forte legame tra tipicità aromatica di questi vini e senso del luogo».

Il curatore della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso Nicola Frasson si è, quindi, concentrato sui tre vini di Suavia: Fittà, ottenuto da vigne a 250 metri di altitudine e da terreni con oltre il 40% di argilla, esordisce con note floreali e agrumate. Castellaro, nato a 212 metri alle pendici del monte Castellaro, manifesta sentori fruttati polposi ed è molto sapido. Da ultimo Tremenalto, che concede sorsi più lenti a rivelarsi. «Un percorso importante, quello avviato da Suavia, che ci si augura venga sviluppato anche da altre aziende della denominazione», ha concluso Frasson. 

Monica sommacampagna

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