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NON CHIAMATELO CICORIA

Sua maestà il radicchio

«Di cicorie ve n’è dappertutto. Ma l’erba di Teofrasto, la kasni degli Indù, la radice rossa di Milano, la kaiserscichorie di Berlino, la Witoof di Bruxelles, l’archicoria dell’Escuriale, la christmas salad di Londra non hanno nulla a che fare col radicchio trevisano: Se lo guardi, egli è un sorriso Se lo mangi, è un paradiso Il radicchio di Treviso!». Così, a fine Ottocento, Aldo Van den Borre, figlio del celebre agronomo Francesco, descriveva questo ortaggio. Le prime tracce in Italia risalgono in realtà a tre secoli prima, sempre nella città veneta, ma la sua consacrazione risale al dicembre del 1900, quando un altro agronomo, Giuseppe Benzi, inaugurò la prima mostra del radicchio nella trevigiana piazza dei Signori. Già allora era il re delle tavole invernali, il radicchio, che ha addirittura superato i confini della Terra nel 1998, quando i suoi semi sono andati in orbita sullo Shuttle nell’ambito del progetto Sem della Nasa. Caratterizzato da un gusto amarognolo, grazie all’acido cicorico che contiene, questo ortaggio fa parte del gruppo delle cicorie e pur essendo disponibile tutto l’anno raggiunge i livelli più alti di qualità e bontà tra ottobre e l’inizio della primavera.

 

VARIETÀ. Ovviamente, a determinare il periodo migliore sono le tipologie, anche molto differenti per forma e provenienza. Il radicchio di Treviso è considerato dai più il Re di tutti i radicchi. Rosso scuro con nervature bianche, di forma allungata, è croccante e amarognolo ma, masticandolo, diventa dolce. Quello di Chioggia ha una forma tondeggiante, con le foglie rosse di intensità variabile segnate da nervature bianche. È il più coltivato e consumato in Italia ed è la varietà più sapida di tutte. C’è poi il radicchio variegato di Castelfranco, che con la sua forma arricciata ricorda i comuni ceppi di insalata. Le venature vanno dal rosso intenso al viola, il sapore può variare dal dolce all’amaro ma resta sempre delicato. Si cucina saltato in padella altrimenti perde la sua caratteristica croccantezza, ma è ancor meglio consumarlo crudo. E poi il radicchio Rosso di Verona, allungato e compatto, è la varietà più amara, e si usa soprattutto per insalate e meno per pietanze cotte.

 

BENEFICI. Del radicchio non si butta via niente. O quasi. La radice, ad esempio, anche se ha un sapore poco piacevole, può essere bollita e consumata per depurare il sangue e l’organismo: contiene infatti inulina, una fibra solubile in grado di ridurre i rischi di tumore intestinale e tannino, una sostanza con funzioni astringenti disinfettanti e antibiotiche. In generale, questo ortaggio è leggero e digeribile, consigliato a chi ha bisogno di abbassare il colesterolo nel sangue e disintossicare l’organismo. Essendo ricco di sali minerali, antocianine, vitamine A e C, vitamine B1, B2 e PP, il radicchio stimola anche la diuresi e facilita la funzione epatica, contribuendo a mantenere il fegato sano ed efficiente. È poi un grande alleato dell’intestino per i suoi effetti lassativi. Inoltre fortifica le ossa perché contiene calcio e ferro in buone quantità. Il radicchio contiene anche un nutriente essenziale, il triptofano, che aiuta a rilassare il sistema nervoso e a contrastare l’insonnia, mentre l’alto contenuto di fibre permette di trattenere gli zuccheri nel sangue. Per questo fa molto bene a chi soffre di diabete.

 

VERSATILE. Fa bene il radicchio, e può essere presentato in tavola in modi diversi. Crudo, ad esempio, arricchisce e dà colore a insalate miste. Cotto è invece ottimo come condimento per il risotto, ma la sua versatilità lo rende perfetto anche per essere fritto in pastella con farina e birra, o gratinato in forno con una crema di gorgonzola o cotto su piastra con la scamorza.

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