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Viaggio nella cucina

Riapre il ristorante Trussardi alla Scala: chef Perbellini è il direttore d'orchestra

Siamo stati nella sua cucina: spazio ai piatti della tradizione come ossobuco e risotto alla milanese
Giancarlo Perbellini con i suoi collaboratori
Giancarlo Perbellini con i suoi collaboratori
PERBELLINI A MILANO

Una cucina, la preparazione di un menù impegnativo e il lavoro di squadra, i profumi, i compiti e i ruoli. Come per le prove generali di un’opera, entra tutto, l’istinto e il mestiere, l’abilità e la necessità che ogni accordo sia perfetto. Nella sua cucina Giancarlo Perbellini, chef a due stelle, è il direttore d’orchestra. Lo aveva sperimentato quest’estate in Arena e lo farà a Milano, nel ristorante Trussardi alla Scala.

 

Nella cucina di Perbellini

Quella cucina è un luogo che conserva la sua sacralità, gli strumenti musicali sono passini e mestoli, piastre incandescenti e boccette colorate con oli ed emulsioni che vengono preparate ogni giorno perché ogni giorno il concerto, l’esito finale e al tempo stesso lo scopo, deve essere perfetto. E tutto prende forma sotto lo sguardo attento dello chef, l’impiattamento è rigoroso, come la scelta degli ingredienti. 
Sull’angolo di uno dei mobili anche i fogli con gli appunti, con le ricette studiate, descritte passo passo, fatte e rifatte fino a diventare naturalezza. Ognuno al suo posto, ognuno ha il suo ruolo, dalla preparazione del fondo bruno e del brodo vegetale alla salatura delle carni, alla preparazione di quei dischi che sembrano soli: sono riso e zafferano frullati e poi tostati che diventeranno l’ouverture.

 

Il sous chef Simone Tricarico e gli ingredienti

Ognuno in postazione e poi la parola d’ordine, ripetuta in continuazione da Simone Tricarico, il suo sous chef che resterà alla Scala: «una volta finito il piatto il piano deve essere vuoto, libero per poter preparare il resto». Non ci sono cognomi, solo nomi e ruoli, la brigata ha un addestramento quasi militare, la distrazione incide su tutto e su tutti ma soprattutto sul tempo. Da qui ordine e disciplina diventano presupposti imprescindibili, lo scandire del timer come un metronomo non concede distrazioni, diventerebbe una nota stonata.
Gli ingredienti sono fondamentali, a cominciare dalle patate, di un solo tipo perché la ricetta degli gnocchi con spuma di patate e bottarga è stata creata attorno a quel tubero, in grado di dare consistenza allo gnocco e trasformarsi in spuma, passando dai germogli freschi ai fiori al broccolo fiolaro. Si prova, prima dell’entrata in scena si prova tutto il giorno. E si impara guardando. L’astice Thermidor rivisitato prende forma partendo da una crema di patate, zafferano e ragusano, il piatto come la tela di un pittore diventa protagonista, forma e sostanza si fondono, così segue l’emulsione a base di fumetto di pesce, la crema di funghi e gocce di olio di cerfoglio. Il profumo dell’astice scottato sulla piastra con il burro riporta alla realtà, si è in una cucina, non in un atelier, e i medaglioni trovano posto in quel labirinto di colori e sapori creato apposta: ogni boccone deve contenere tutti gli ingredienti e consentire al palato di percepire ogni sapore. Così si crea l’armonia su diversi livelli, le note acide, quelle dolci, la punta di amaro data dall’acqua di fungo molto ridotta. Un rituale che si ripete per ogni piatto, cambiano ingredienti e cotture ma l’architettura della composizione resta la stessa. 

 

Gli utensili

Le placchette sono una sorta di incubo, devono essere sempre pulite, sul fondo carta da cucina e per non perdere tempo sul banco di lavoro i foglietti piegati non devono mai mancare. Poi i cucchiai sistemati ovunque in bacinelle con acqua e gin perché altra regola imprescindibile è che in cucina si assaggia per valutare il sale, l’acidità, la consistenza. Così il gesto automatico può diventare sentimento, creatività. Ma si assaggia sempre. «Non prendo a lavorare con me chi non assaggia». E lui, lo chef, è il cliente più difficile da accontentare.
Sembra una margherita ma è il classico riso alla milanese, scomposto. Sotto l’ossobuco cotto in gremolade, sopra a coprire un risotto mantecato e per finire spuma di zafferano rigorosamente «da mangiare con il cucchiaio partendo dall’alto verso il basso».
La cassoela con foglie di verza croccante piuttosto che il raviolo ripieno di caciocavallo su un fondo di cime di rapa e acciughe. La cucina classica italiana che indossa lo smoking per andare a «teatro». Alla Scala.

 

Fabiana Marcolini

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