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Lo storico ristorante «Ochina Bianca» a Mantova è in liquidazione

Dal 13 febbraio in procedura per debiti. Quella di Tonelli è stata un’avventura iniziata al Ritz nel 1964
L'Ochina Bianca a Mantova
L'Ochina Bianca a Mantova
L'Ochina Bianca a Mantova
L'Ochina Bianca a Mantova

Con una brutta espressione del vocabolario del diritto fallimentare, «liquidazione controllata», si chiude una romantica storia imprenditoriale iniziata sessant’anni fa in viale Piave, a Mantova, con l’apertura del ristorante Ritz. È di ieri, capitolo finale della vicenda, la notizia che l’Ochina Bianca, ultimo locale gestito da Roberto Tonelli in via Finzi, sarà messo in vendita dal liquidatore per pagare i debiti. In verità i dipendenti avevano presentato l’istanza di fallimento, ma la procedura ha preso una strada più morbida perché l’esposizione è contenuta.

 

In blocco

L’azienda sarà trattata in blocco nella speranza che qualcuno abbia interesse a rilevare un locale dalla grande tradizione. Non essendoci di mezzo l’immobile, si parla di una cifra base di circa trentamila euro; nel caso in cui non si riuscisse a cedere l’intero pacchetto, si procederebbe con una vendita-spezzatino. E sarebbe un peccato, perché l’Ochina Bianca è stato un punto di riferimento per chi ama la cucina di qualità e l’atmosfera familiare.

Impossibile contattare Roberto Tonelli, che probabilmente è amareggiato per la situazione, ma a risaltare c’è comunque un percorso di notevole livello nell’ambito della ristorazione mantovana. Detto dell’apertura con il padre Luciano (il fratello Giorgio, morto lo scorso anno, si aggregò nel 1969) del Ritz, va ricordato come quello di in viale Piave si fosse presto consolidato come locale di culto per i mantovani di città e non solo. Il Ritz era il punto di riferimento per il dopo-cinema e il dopo-partita, oppure per gli studenti che rientravano in classe al pomeriggio. Le compagnie di ragazzi degli anni Settanta e Ottanta al sabato sera andavano al Ritz: era una sorta di passaggio obbligato.

Era un classico andare lì a mangiare la pizza e il famoso riso Ritz a base di piselli, funghi e prosciutto, legato con panna e tanto grana. Fu proprio Roberto, in occasione della morte del fratello, a ricordare che «di pizze ne facevamo mille alla settimana». Non c’erano quelle surgelate, e per mangiarne una non bastava telefonare ad un servizio di consegna pony express.

 

L’avventura

Nel 1985 Roberto lasciò il Ritz al fratello (che andò avanti fino al 1997) e aprì un altro ristorante di culto, il San Gervasio. In quegli anni pranzi e cene di rappresentanza erano frequentissimi grazie alle esportazioni in impennata, alla vivacità dei mercati finanziari e alle voglie di espansione delle banche: il San Gervasio divenne così un porto sicuro. Non solo: se in viale Piave i fratelli Tonelli si erano inventati il “Riso Ritz” (ci sono state persone che in altri ristoranti hanno chiesto il Riso Ritz...), al San Gervasio, tra le tante prelibatezze, il “Tonno ai Tre Pepi” era il cibo degli Dèi. Un trancio delizioso, freschissimo, sostanzioso.

 

Golosi

Ne andava pazzo l’allora presidente della banca Agricola Mantovana, Piermaria Pacchioni; e se lo faceva recapitare in azienda, per il pranzo, l’industriale metalmeccanico Aldo Belleli. Cose d’altri tempi.

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