«Smetto. Finisco. Lascio. Mi ritiro».
Con un lungo e bel post sui social Luca Vettori, 32 anni, ruolo opposto, uno dei migliori giocatori italiani di pallavolo, saluta il volley. Lo fa a modo suo, da persona particolarmente educata ed acculturata (cita Montale e Pavese), lo fa sondando i propri stati d'animo e aprendosi ai tifosi: «Non posso avere la certezza che sia la palla ad allontanarsi da me o che sia io ad allontanarmi dalla palla. Siamo cristallizzati nel mezzo, ci scrutiamo forse, e con dignità assaggiamo la nostra distanza. Fuoriusciamo e rientriamo, a grandi ondate».
Modena, Trento, Piacenza, Parma e Narbonne le tappe principali della sua carriera, nella quale ha incrociato spesso Verona, costellata anche di tanto azzurro con la maglia della nazionale italiana. E a questo proposito fa una piccola rivelazione: «Quando cantavo l'Inno di Mameli, prima delle partite, tutti in fila abbracciati, tra me e me, baravo. Fin dai primi anni di Nazionale, ho iniziato nell'ultima strofa a far cadere una T. Ammutolivo una T. Siam pronti all'amor-e, l'Italia chiamò. Era un gioco un po' brigante, per cui provavo a trasformare in azioni le parole che pronunciavo. E preferivo visualizzare le azioni trasformate dell'amore piuttosto che quelle della morte. Nel mio paese dunque, per cominciare, vorrei che ci fosse una T caduta. Un amore anziché una morte».
Sotto il suo lungo post centinaia di commenti che sottolineano la grandezza dell'atleta ma soprattutto dell'uomo: «Che essere umano prezioso e che esempio per la pallavolo e tutto lo sport nazionale», riassume per tutti uno dei tanti.