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Claudio Cecchetto

«Bongiorno mi chiamò in tv, ma si era sbagliato su di me. Vi racconto come ho lanciato Fabio Volo»

Stella fra le stelle. Cecchetto ha vinto il Telegatto nell'84 e nell'85
Stella fra le stelle. Cecchetto ha vinto il Telegatto nell'84 e nell'85
Stella fra le stelle. Cecchetto ha vinto il Telegatto nell'84 e nell'85
Stella fra le stelle. Cecchetto ha vinto il Telegatto nell'84 e nell'85

Il più grande talent scout d’Italia (Gerry Scotti e Jovanotti, Amadeus e Fiorello, gli 883 e Paola & Chiara, Sabrina Salerno e Leonardo Pieraccioni, Tracy Spencer e Sandy Marton...) punta a un altro record. «Voglio diventare il conduttore più anziano del Festival». Claudio Cecchetto sorride. «Ho fatto 8 edizioni di Sanremo, le mie 3 più le 5 di Amadeus: è un po’ come quando conquisti un disco d’oro, poi fai il produttore, i tuoi artisti vincono dischi d’oro ed è come se li avessi vinti anche tu». Nessuno può saperlo meglio di lui, il papà del Gioca Jouer come di Radio Deejay e Radio Capital.

«Il talento è un dono, il successo un mestiere»: il segreto di mezzo secolo sulla cresta dell’onda è nel titolo della sua autobiografia?
Sì. La cosa più difficile è trovare il proprio talento. Per riuscirci, consiglio di partire dalla propria passione. Quando qualcosa ti piace tanto, non ti dispiace dedicare tempo e fatica; così facendo passione e talento finiscono per diventare una cosa sola, come sinonimi. Qualcosa che eserciti sempre, che non va mai a dormire. Non è mica come timbrare il cartellino.

Radio Cecchetto: anche in questo caso si può parlare di sinonimi. Ma la sua nuova webradio è anche uno sguardo sul futuro.
È pensata per poter essere ascoltata ovunque, su qualsiasi dispositivo dotato di connessione Internet. Un progetto in cui credo e che non mancherà di sorprendere, attraverso nuovi format.

Radio Cecchetto. È la nuova creatura di Claudio Cecchetto: trasmette sul web e in Dab dal 19 aprile scorso, giorno del suo compleanno
Radio Cecchetto. È la nuova creatura di Claudio Cecchetto: trasmette sul web e in Dab dal 19 aprile scorso, giorno del suo compleanno

Tecnologia e tradizione: la radio assomiglia a Rocky Balboa. L’hanno data tante volte per spacciata, invece è viva e vegeta mentre è andato in crisi tutto il resto, dalle televisioni alle case discografiche, dai club alle discoteche.
Non è mai il mezzo ad essere sbagliato. In tv come in radio sono i programmi a contare, nel bene e nel male. Quando ci sono buoni conduttori e buone idee, tutto funziona. La radio rispetto agli altri media è molto smart, ti puoi esprimere senza troppi fronzoli: basta aprire il microfono. La rovina è quando anche la radio si riempie di quei fronzoli che appesantiscono in tv. Le discussioni, le prove, le strategie... Non dimentichiamo che la radio è nata perché c’erano dei ragazzi che si volevano divertire, aprivano il microfono e così facendo riuscivano a divertire anche chi li ascoltava.

A Sanremo ha presentato Alberto Sordi.
Un mito.

Poteva farlo serenamente, da allievo di Mike Bongiorno qual era.
Lavoravo a Radio Milano International e Mike era direttore artistico di Telemilano, appena fondata da Silvio Berlusconi. Voleva fare tv giovane e cercava un conduttore: «Ti ascolto ogni mattina, ti vorrei con me». Io al mattino non trasmettevo... Glielo confidai solo anni dopo, ma non si scompose: «E allora? Mica mi sono sbagliato!».

L’hanno definita «il Pippo Baudo della radio».
Paragone che mi onora.

Il suo maestro quando indossa le cuffie?
Arbore & Boncompagni: hanno incarnato la radio nazionale, da loro hanno imparato tutti quelli che poi sono stati i protagonisti delle radio private, ispirando la rivoluzione delle radio libere.

Ha scoperto e lanciato una quantità impressionante di star, compreso un atipico come Fabio Volo. Cos’ha visto in Fabio?
Una persona molto loquace, molto intelligente. Era venuto a portarmi un suo disco, da cantante, ma dopo mezz’ora di piacevole chiacchierata gli chiesi «Perché non vieni a trasmettere in radio?». «Non ho mai trasmesso», mi rispose. «E allora comincia, vedrai che farai bene», gli dissi. La prima rubrica fu sul volo: s’intitolava «Tutto quello che avreste voluto sapere sugli aeroplani e non avete mai osato chiedere».

Un’altra volta è venuto in radio Vittorio Sgarbi di luna storta, ma Fabio è riuscito ad articolare così bene le domande che pareva contenessero già le risposte. Parlando con lui avevo scoperto che era un divoratore di libri: così si spiegava la sua proprietà di linguaggio, non forbito ma spedito. E comprensibile a tutti. Non mi sembrava vero, io ero abituato a frequentare dj che non leggevano molto. Quando poi Fabio ha avuto grande successo come scrittore, gli ho detto che evidentemente aveva finito i libri da leggere: non gli restava che scriverne di suoi. 

Ha trasmesso il suo talento di mentore a Francesco Facchinetti, manager e amico di Mr. Rain?
È nato per questo. Quando l'ho conosciuto, Francesco era fan di Jovanotti e ne riprendeva i modi di fare. Era anche parecchio spiritoso, un animatore nato. «Sarà il nuovo Fiorello, il nuovo Lorenzo, il nuovo Amadeus», mi dicevano in tanti. Io non ero d'accordo: «Sarà il nuovo me», replicavo. Con Mr. Rain ha fatto un grande lavoro. Francesco mi assomiglia: non amiamo focalizzarci su una cosa, preferiamo spaziare fra tante.

Si rivede in suo figlio Jody, che sta seguendo le sue orme di conduttore?
Assolutamente. Jody ha respirato a pieni polmoni l'aria di casa: la radio, la televisione, il mondo dello spettacolo. Sa quello che sta facendo. Rispetto alla mia generazione, che andava un po' a braccio, i giovani di oggi studiano di più. Jody ne è la prova: ha studiato e non gli è risultato difficile, perché gli piaceva.

«Ciò per cui vieni licenziato da giovane è il motivo per cui vieni premiato da vecchio», ha detto Francis Ford Coppola nella sua ultima intervista. Concorda?
A volte è davvero così. Mai dire mai. Io ho una regola: quando non ti piace una cosa, potrebbe essere brutta, ma potrebbe anche essere diversa e nuova, quindi richiedere più tempo per essere compresa. Magari non sei pronto. Nel 90 per cento dei casi non ti piacerà nemmeno alla lunga, ma c'è un buon 10 per cento che saprà sorprenderti. Pensiamo ai personaggi che ho lanciato: in partenza nessuno di loro trovava consensi.

Erano tutti dei «No».
Esatto. Ma per me è stato un vantaggio: mentre crescevamo insieme, nessuno cercava di portarmeli via. Adesso sono tutti dei «Sì».

Dal Consiglio comunale di Riccione al ruolo di ambassador di Visit Romagna.
Sì, perché la Romagna è la Los Angeles d'Italia: ha le caratteristiche per divertire tutti gli ospiti che può accogliere. Sto girando i comuni per proporre il mio nuovo progetto estivo, «Weekend dance», per trasformare la riviera in una grande discoteca a cielo aperto. Un format che può durare vent'anni e più.

Gian Paolo Laffranchi

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