Ha raccontato e anzi inventato mondi con la forza delle immagini Ezio Frigerio, come un mago. Un mago che ha regalato le scenografie di ’Novecentò di Bernardo Bertolucci, di ’Ieri, oggi e domanì di Vittorio De Sica, di Cyrano de Bergerac, con cui è stato candidato all’Oscar. Ma anche e soprattutto le scenografie degli spettacoli e delle opere realizzate in duo con Giorgio Strehler al Piccolo e alla Scala, dei balletti di Roland Petit e Rudolf Nureyev, grande amico di cui ha anche progettato la tomba.
È morto questa mattina a 91 anni, all’ospedale di Lecco dove era era ricoverato da due settimane «un autentico protagonista dello spettacolo italiano, che ha attraversato con passione, professionalità e intelligenza segnando con la sua opera la seconda metà del Novecento» come lo ha ricordato il ministro della Cultura Dario Franceschini. Nato a Erba, in provincia di Como, nel luglio del 1930, negli ultimi anni era voluto tornare nella terra alla quale era molto legato, assieme alla moglie Franca Squarciapino, costumista e premio Oscar nel 1991. Dopo una vita trascorsa fra Milano e Parigi, si era stabilito sul lago di Pusiano perchè «a un certo punto l’avventura finisce» aveva raccontato lui stesso lo scorso dicembre a Ciaocomoradio. Ma la sua è stata una lunga avventura, di cui parte sarà in mostra proprio ad Erba. Qui infatti è in corso di allestimento un museo con le sue scenografie. Dopo il diploma a Brera nel 1948, ha frequentato il liceo Nautico di Savona e passato alcuni anni in navigazione nei mari del Sud, è stato allievo del pittore Mario Radice che considerava «un maestro di vita» e nel 1954 ha incontrato Giorgio Strehler, con cui è iniziato un sodalizio lungo una vita.
Nel 1955 debutta con lui alla Scala, come figurinista, nel Matrimonio segreto di Cimarosa. La sua prima scenografia per Strehler è del 1956, Arlecchino. Negli anni Sessanta inizia l’avventura del cinema. Con De Sica lavora in Ieri, oggi, domani, I sequestrati d’Altona, Il boom. Collabora poi con Bolognini, Cavani, Planchon, Castellani, Končalovskij, Bertolucci, con Cyrano de Bergerac di Rappeneau viene nominato all’Oscar e vince il Cèsar. Ma, ha confessato, «non mi è mai piaciuto fare cinema» perchè il lavoro viene filtrato dall’occhio dell’operatore, «quello che ho sempre amato è il teatro, perchè quello che ho fatto è lì, nessuno ci ha messo mano».