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Sanità

Tumori, 35 pazienti strappati alla morte con la super terapia

L'ospedale San Bortolo è fra i cinque centri italiani in grado di applicare una cura d'avanguardia: le cellule T riprogrammate sono in grado di guarire il 50% dei malati.
L'ospedale di Vicenza è fra i 5 centri italiani in grado di usare la terapia con le cellule T
L'ospedale di Vicenza è fra i 5 centri italiani in grado di usare la terapia con le cellule T
L'ospedale di Vicenza è fra i 5 centri italiani in grado di usare la terapia con le cellule T
L'ospedale di Vicenza è fra i 5 centri italiani in grado di usare la terapia con le cellule T

Si va avanti con le Car-T. L'ematologia vicentina è fra i cinque centri italiani in grado di usare queste terapie d'avanguardia, figlie della ricerca più avanzata, in grado oggi di salvare vite umane che solo pochissimi anni fa andavano fatalmente perdute.

Car-T, trattati già 35 pazienti

Finora 35 pazienti trattati. In due anni si sono moltiplicati e l'agenda è piena per i prossimi mesi. Sono malati in cerca di nuove speranze venuti dal Veneto, dal Friuli, dal Trentino Alto-Adige. I risultati sono eccezionali: il 50 per cento di queste persone, che prima avevano un destino segnato, è guarito. Uomini e donne, per i quali erano fallite tutte le possibili terapie, restituiti alla vita.

«Stanno avendo - spiega il neoprimario Alberto Tosetto - un tasso di sopravvivenza che fa pensare alla remissione definitiva». Non solo. Le prospettive per pazienti una volta inesorabilmente condannati ora sono diverse, più confortanti, anche per quel 50 per cento che non esce dalla malattia «perché - dice Tosetto - possono avvalersi di terapie che allungano la vita».

Una storia straordinaria a Vicenza

A maggio del 2020, in piena pandemia-Covid, il primo paziente trattato al San Bortolo con la rivoluzionaria terapia nel reparto allora guidato da Marco Ruggeri. A un pensionato di 68 anni dell'Alto Vicentino, malato di un aggressivo linfoma non-Hodgkin refrattario a qualsiasi cura, veniva infuso il super-farmaco costruito con cellule geneticamente modificate che sta cambiando la storia delle malattie del sangue.

Era la terza volta in Italia, dopo le Molinette di Torino e l'Umberto I di Roma, che un ospedale pubblico applicava una metodica che l'Aifa autorizza soltanto per i centri in possesso di requisiti di eccellenza.

La super terapia delle cellulte T

La storia delle Car-T, cioè cellule T con recettore chimerico, inizia con una terapia quasi fantascientifica sviluppata per la prima volta al mondo a Philadelphia: le cellule T prelevate al paziente, ingegnerizzate in laboratorio con un virus Hiv disattivato, vengono riprogrammate come proiettili genetici e reintrodotte nel sangue come cavallo di Troia per dare la caccia al tumore.

Due multinazionali, la svizzera Novartis e l'americana Gilead, acquisiscono i diritti sulla terapia. Si scelgono i centri più idonei. A dicembre del 2019 la "nomination" che premia l'ematologia di Vicenza dai numeri eccezionali: in un anno oltre 600 ricoveri, 50 trapianti di midollo, 40 mila prestazioni Dh.

Il primo paziente all'ospedale di Vicenza

A febbraio del 2020 il prelievo di linfociti del paziente, conservati nell'azoto liquido a -170 gradi e spediti per la lavorazione a una cell-factory del New Jersey megli Usa. Il 10 marzo l'arrivo della sacca congelata con il farmaco che costa 320 mila euro interamente coperti dal Sistema sanitario nazionale. Ma bisogna sospendere tutto perché c'è la tempesta virale giunta dalla Cina. Si sta fermi due mesi. Si rischia di perdere il paziente. Le speranze quasi svaniscono. Poi il grande giorno. E si vince una battaglia che, adesso, prosegue sotto la regia di Tosetto, il quale crede molto in una visione «a due velocità» dell'ematologia.

«Dobbiamo saper offrire terapie innovative che portino a guarigione il maggior numero di pazienti, ma l'altra grande sfida è garantire sul territorio terapie parallele, fra ematologia, medicina generale e cure palliative, per quei malati che non rispondono alle cure standard e super-specialistiche. Non otterremo la guarigione ma daremo una migliore qualità di vita».

Un programma già in atto al San Bortolo

È già partito un programma che dovrebbe avere un grosso impatto: «C'è un piano di collaborazione con il direttore della cure palliative Pietro Manno, stiamo formando un team di medici e, con l'aiuto dell'Avill, l'associazione vicentina contro le leucemie e i linfomi che ci dà un prezioso sostegno, contiamo di reclutare alcune figure infermieristiche che possano recarsi a casa dei malati».

Sulla rampa di lancio anche il programma-Cik delle cellule killer per combattere il linfoma diffuso a grandi cellule resistente perfino alle Car-T. «Dobbiamo ridefinire il protocollo terapeutico con le università di Padova e Verona, ma siamo pronti».

I candidati sono 6 vicentini dai 66 agli 80 anni ed è stato individuato il paziente zero che riceverà le cellule Cik, lavorate con un metodo esclusivo nel laboratorio di palazzo Baggio diretto da Giuseppe Astori.

Franco Pepe

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