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LA TESTIMONIANZA

La dottoressa: «Sola per quattro paesi. Mi divido tra pazienti e tirocinio in ospedale»

Medico di base a San Bonifacio copre anche Soave, Cazzano e Arcole: l'Ulss 9 aveva offerto più assunzioni, lei è stata l'unica a rispondere
Dottoressa Manuela Monchelato
Dottoressa Manuela Monchelato
Dottoressa Manuela Monchelato
Dottoressa Manuela Monchelato

«È un lavoro difficile, faticoso, snervante se fatto in condizioni di costante emergenza come quella che la categoria sta vivendo, ma nel contempo è estremamente arricchente per chi, come me, ritiene fondamentale il rapporto con il paziente, la possibilità di seguirlo nella sua storia clinica e personale, avendolo a mente anche al di fuori dell’orario di ambulatorio, pensando alla cura migliore, all’intervento più indicato, al consiglio più corretto».

E ancora: «Io ho voluto fortemente diventare medico di famiglia, ho abbandonato l’ospedale per venire sul territorio e lo rifarei senza alcun dubbio anche se ho giornate che iniziano alle 7 e finiscono alle 21, anche se al sabato sono reperibile dalle 8 alle 22, anche se oltre all’orario di visita in cui mi arrangio a far tutto perché non posso permettermi una segretaria, frequento la Scuola di Formazione specialistica: sono al primo anno di tre, ogni giorno ho 4 ore di tirocinio in ospedale».

E si emoziona: «Sì, lo rifarei, anche se arrivo a sera sfinita, anche se la responsabilità mi toglie il sonno, anche se, terminato l’ambulatorio scappo in corsia, come sto facendo adesso, mangiando un panino nel tragitto in macchina. Tanta fatica non è niente in confronto alla gioia che mi torna indietro, ai grazie che ricevo tutti i giorni, all’affetto sincero con cui mi ripagano i miei assistiti, al problema che si risolve, alla soluzione che finalmente arriva».

Una dei giovani medici di base in una «zona critica»

Manuela Monchelato è uno dei giovani medici di base che ha accettato di aprire un ambulatorio in una delle cosiddette «zone critiche» della provincia perché il titolare è andato in pensione e non c’è il sostituto: lei da sola copre Arcole, Soave, Cazzano di Tramigna e San Bonifacio dove ha aperto l’ambulatorio. Ha 1.500 mutuati.

La Regione per quell’area aveva aperto il bando per quattro posizioni, numero minimo per garantire assistenza al popoloso bacino di cittadini: ha risposto solo lei, ha accettato l’incarico per ora «provvisorio», della durata di un anno. È una «mosca bianca», uno di quei pochi medici ancora in formazione su cui l’Ulss 9 può contare per tamponare l’emorragia di camici bianchi: sono un centinaio, da qui al 2025, ad andare in pensione, lasciando un buco, tra chi va e chi arriva, di 17 titolari. Se ognuno di loro conta minimo 1.200 pazienti, significa che 20.400 veronesi non hanno il dottore.

Ambulatorio, tirocinio e ... tanto stress

«Io ci provo ad essere all’altezza della situazione», spiega la dottoressa, «ma tenere in piedi ambulatorio e tirocinio, lo ammetto, è fonte di tanto stress. Il lavoro inizia presto al mattino, ben prima dell’orario di visita perché ho le telefonate dei pazienti: dalle 7 alle 9 faccio la segretaria di me stessa rispondendo alle chiamate, poi apro l’ambulatorio e, nel pomeriggio, parto per l’ospedale per la mia “pratica“. Alla sera, quando torno a casa devo studiare e ho altre incombenze da svolgere, mi dedico ai casi che mi troverò sul lettino il giorno dopo. Vivo così dal lunedì al venerdì, poi al sabato c’è la reperibilità 8-22: se c’è un’emergenza, si parte. Non ho una famiglia mia, vivo ancora in casa con papà, e questo da un lato mi agevola. Ripeto, non è semplice, ma l’ho voluto, ho rivoluzionato la mia esistenza per fare proprio questo».

Monchelato infatti dopo la laurea aveva iniziato la specialità in nefrologia ma «mi sono accorta che l’ospedale non faceva per me», confessa, «troppo lontano da come io intendo questo mestiere: è una missione, è avere una storia intima con il proprio paziente, è seguirlo nel tempo, è fargli una telefonata, è accudirlo a 360 gradi, è avere un rapporto costante in cui io posso fare la differenza dal punto di vista umano. Quando stai male se hai un dottore di famiglia che ti prende per mano e ti segue senza lasciarti in balia di chi capita, beh, credo sia quello il segreto della buona sanità del territorio. Questo per me, al di là dello stress che mi carico sulle spalle, è fare il dottore». •.

Camilla Ferro

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