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il progetto Letizia

Regalo di Natale per i mutilati dell'Ucraina e non solo, gli arti della speranza non hanno limiti

Fracassi (Isinnova): «Un'operazione no profit e senza bandiere pensata per chi non può permettersi spese da migliaia di euro»
Il team che dà vita al progetto insieme a Letizia Bonomi, giovane lumezzanese che si è offerta come modella
Il team che dà vita al progetto insieme a Letizia Bonomi, giovane lumezzanese che si è offerta come modella
I protagonisti del progetto "Letizia"

Saranno il regalo di Natale per i mutilati ucraini i 50 ausili per deambulare creati dall’azienda bresciana Isinnova di Cristian Fracassi, su richiesta di Intermed onlus, per «Letizia», un progetto no profit e senza bandiere, che non vuole avere né un territorio, né una religione, né un colore – spiega Fracassi – quindi adesso è diretto all’Ucraina, ma l’idea è di non mettere limiti e dare questi supporti a chi ne ha bisogno, siano essi russi, africani o anche italiani che non possono permettersi migliaia di euro per una protesi».

Chi è Letizia Bonomi

La ragazza che dà il nome al progetto è Letizia Bonomi, una giovane di Lumezzane che a 5 anni perse la gamba per una malattia e che si è offerta di fare da «modella» per questi ausili, che, per ora, si devono denominare prototipi per questioni di certificazioni «che chiederemo presto, ma intanto sono protesi a tutti gli effetti», prosegue l’ingegnere che in questi giorni sta ultimando le modifiche suggerite da Antonella Bertolotti sulla base della sperimentazione pratica.

Il team che dà vita al progetto insieme a Letizia Bonomi, giovane lumezzanese che si è offerta come modella
Il team che dà vita al progetto insieme a Letizia Bonomi, giovane lumezzanese che si è offerta come modella

Le protesi ai mutilati dell'Ucraina

La scorsa settimana,  la dottoressa, insieme ad Anzhelika Shevchuk, farmacista di origini ucraine che lavora dalla farmacia Caponati di Corso Garibaldi, Brescia, è stata per alcuni giorni a Vinnycja, proprio per fare letteralmente provare gli ausili ai mutilati ucraini e capire così le modifiche da attuare per migliorarli.

Letizia Bonomi prova le protesi

Di ritorno in Italia Bertolotti ha incontrato due giorni fa il team di lavoro, composto da Isinnova, da Davide Piovani del Centro ortopedico sanitaria bresciana di viale Piave e da Letizia che, come utilizzatrice, «ha iniziato a darci i suoi riscontri provando i vari modelli – spiega Fracassi –. Si è inserita quando eravamo al prototipo numero 4, il primo l’ho provato io, dopo aver ricevuto la richiesta di Intermed ed esser venuto a contatto con l’ortopedico Piovani, il quale mi ha mostrato come sono fatte oggi le protesi e da lì ho visto che sono composte da più materiali e ho iniziato ad elaborare le idee».

I modelli di protesi

Il primo modello era in alluminio e plastica stampata in 3D: «L’ho provato io ma il piede si è rotto subito perché era stato stampato in fibra di carbonio, quindi debole; la seconda prova aveva problemi con il ginocchio ma poi, rielaborando di volta in volta, siamo arrivati al risultato, grazie anche all’inserimento di Letizia che ci ha fornito i feedback appropriati».

Il contributo importante dei mutilati

Altri riscontri sono arrivati dopo il viaggio di Bertolotti e Shevchuk, che hanno raccolto i pareri dei mutilati durante le prove dei due prototipi da loro portati e quindi ora Isinnova sta producendo i modelli più performanti, comodi e resistenti che si potranno sempre migliorare e personalizzare in base alle richieste che arriveranno.

Il progetto è in espansione

Isinnova sta lavorando con altre realtà che hanno sposato il progetto e che forniscono componenti a prezzo agevolato o gratis: «È per questa ragione che questi ausili costano solo 500 euro – precisa Fracassi –. Grazie alla generosità di Sifra, un’azienda bresciana che ci sta facendo i piedi, realizzati in poliuretano: un materiale scelto perché Letizia ci ha detto che nelle protesi tradizionali, come era anche il primo nostro prototipo, le dita piedi si consumano molto facilmente: il materiale che resiste meglio è il poliuretano».

La Estral di Manerbio, dal canto suo, «regala il tubolare di alluminio interno, che funge da tibia e il main sponsor è la banca Valsabbina, che da subito ha fatto una donazione per permetterci di avere una copertura finanziaria per le spese vive di materiali e lavoro. Ora - illustra Fracassi - stiamo chiedendo ad alcuni multinazionali se vogliono aiutarci e probabilmente a metà gennaio raccoglieremo nuovi risultati». Per sostenere il progetto è possibile fare una donazione: il codice Iban da utilizzare per contribuire è IT56H0569611202000002030X8. Causale: Progetto Letizia.

 

Irene Panighetti

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