<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
L’IMPORTANZA DEL BITE

Non stringiamo i denti

Effetti collaterali. Quando si pensa al Covid-19 la mente va ai polmoni, alla circolazione, a febbre e tosse. Ma difficilmente vengono in mente i denti. Eppure pare proprio che anche la dentatura e soprattutto le articolazioni che regolano le complesse dinamiche tra mascella e mandibola possano risentire di ansia, lavoro a distanza e tensione emotiva. Il motivo? Tutte queste condizioni possono aumentare il rischio di sviluppare il classico «digrignare» dei denti, tecnicamente definito bruxismo. Negli Usa appaiono in crescita i casi di pazienti che si rivolgono al dentista per lesioni dello smalto e problemi alle gengive, collegabili proprio a questa situazione. E in Italia? Anche da noi, stando a quanto riportano gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), riuniti virtualmente a congresso, crescono il «digrignare» e il ricorso di dispositivi (bite) che distanziano i denti. «Dopo il lockdown abbiamo registrato un generale peggioramento delle condizioni orali e parodontali e tra le varie complicanze spicca anche una maggiore incidenza delle fratture dentali», osserva Luca Landi, presidente SIdP. «La causa, oltre, alla mancanza di visite di controllo e alla scarsa igiene orale, è riconducibile anche alla maggiore ansia determinata dal distanziamento sociale. Molte persone infatti somatizzano lo stress nel cavo orale, con attività come il bruxismo o il serramento dei denti che a lungo andare possono deteriorare le superfici dentali e causare fratture, dolore alla mascella, sensibilità dentale, emicrania e aumento della mobilità dentale con parodontite più grave». Digrignare i denti, insomma, non è positivo. E a volte comporta problemi non solo alla dentatura, ma anche al resto del corpo, facilitando l’insorgenza di dolori al collo (scambiati per cervicale) e di mal di testa, oltre che di inspiegabili vertigini. In condizioni normali i denti si toccano solo quando si mastica o si deglutisce. Nel resto del giorno i denti entrano in contatto tra loro per non più di 20 minuti: in caso di bruxismo si può arrivare fino a sette ore e i denti fanno così in una sola giornata il lavoro di due mesi. Insomma: bisogna fare attenzione ai problemi che nascono dal digrignare i denti e alle conseguenze che possono avere sulla naturale giunzione tra tempie e mandibola. Masticazioni rapide che non permettono il passaggio del cibo dagli incisivi fino ai molari, tensione emotiva che porta al bruxismo (la cattiva abitudine, spesso involontaria, di digrignare i denti), insufficiente igiene con «vuoti» prolungati nella dentatura che portano a modificare i normali rapporti tra arcata dentaria superiore ed inferiore, col tempo, conducono alla sofferenza di muscoli e tendini preposti alla masticazione. Risultato? Si fanno movimenti anomali e negli anni di danneggia l’articolazione stessa, che può andare incontro a modificazione della normale anatomia dei legamenti, e addirittura artrosi. Sul fronte dei disturbi, la sindrome temporo-mandibolare è caratterizzata da una limitata apertura della bocca. La persona che ne soffre di accorge che la mandibola si blocca in una specifica posizione e il semplice sbadigliare o masticare porta a veri «scricchiolii» e dolori. In molti circostanze, un bite «su misura» può aiutare a correggere la situazione. Il bite è un dispositivo rimovibile in resina e può avere diverse indicazioni, prima fra tutte la modifica della posizione della mandibola, migliorando l’attività dei muscoli e delle articolazioni.?

Federico Mereta

Suggerimenti