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Sanità

Medici di base, in Veneto più soldi a chi ha 1.800 pazienti. E assegnate 200 aree scoperte

L'assessore regionale Lanzarin conferma anche nel 2023 il nuovo massimale: «Ha già aderito quasi il 20% dei camici bianchi»

La frequenza ai corsi diventa compatibile con lo svolgimento di guardie mediche, sostituzioni e turni nelle Usca. Così i medici di medicina generale che sono attualmente in formazione potranno continuare a prepararsi teoricamente e, allo stesso tempo, iniziare a lavorare, offrendo così un aiuto concreto a ridurre la cronica carenza. Questa è una delle novità decise dalla Giunta regionale, su proposta dell'assessore alla sanità, Manuela Lanzarin, ad inizio anno. Poi è stata prorogata anche per il 2023 la possibilità dei medici di famiglia di aumentare il massimale degli assistiti fino a 1.800 pazienti. Insomma, un'altra strada per riuscire a tamponare una situazione emergenziale che riguarda non solo tutto il Veneto, ma anche l'Italia. Infine, un aggiornamento che fa ben sperare: «Con l'ultima tornata di assegnazioni svolta da Azienda Zero lo scorso fine dicembre - dichiara Lanzarin - sono stati affidati incarichi riducendo le aree scoperte che così sono passate da 586 dello scorso ottobre a 377».

Formazione e lavoro

È sempre Lanzarin a spiegare: «La pandemia ha avuto un impatto rilevante sulla didattica formativa e ha consentito di testare sul campo nuove modalità. Modalità che ora verrà utilizzata per riuscire a far entrare prima nel mondo del lavoro i medici in formazione in modo tale da riuscire a ridurne la carenza. Quindi abbiamo stabilito con una delibera il nuovo assetto formativo, un vero e proprio percorso formazione-lavoro, per le tre annualità in corso con un finanziamento da 8,5 milioni per la Fondazione Scuola di sanità pubblica e la formazione specifica in Medicina generale». Di questi fondi, 830mila euro serviranno, grazie al Pnrr, a pagare 66 borse di studio aggiuntive alle 240 finanziate con lo scopo sempre di far fronte alla carenza di medici di base.

Più pazienti, più soldi

La giunta ha poi stanziato altri 29 milioni per il 2023 per garantire l'aumento del massimale degli assistiti. La cifra è totale è va distribuita alle singole Ulss. «Abbiamo deciso di prorogare le disposizioni temporanee dello scorso anno, confermando la possibilità, su base volontaria, di portare per ogni medico gli assistiti da 1.500 a 1.800. Fino ad ora hanno aderito tra il 15 e 20 per cento di medici: si tratta soprattutto di quei professionisti che lavorano già nelle medicine di gruppo», sottolinea ancora Lanzarin. Chi aderisce ha diritto ad una integrazione regionale dell'indennità annua per il collaboratori di studio di 2 euro in più ad assistito. 

Le aree carenti

Questi due provvedimenti rappresentano dei modi per riuscire ad arginare il problema di tanti veneti che nell'ultimo anno si sono ritrovati senza un medico di base di riferimento. E qualche risultato si sta vedendo. «A luglio dello scorso anno erano stati conferiti 170 incarichi a medici, cioè più di un quarto dei corsisti - conferma l'assessore -: una vera e propria boccata di ossigeno per le zone carenti. A ottobre ne risultavano 586 e 209 sono state coperte di recente grazie a incarichi temporanei assegnati a corsisti. Ne rimangono 377 e mai come in questo contesto storico si rende necessario avvalersi anche dei medici frequentanti la scuola di formazione».

Priorità delle visite

C'è poi un'altra novità che deriva da una delibera della giunta regionale e che è entrata in vigore da qualche giorno, con il nuovo anno. Riguarda il lavoro dei medici di base. Si tratta dell'introduzione del "Modello Rao: raggruppamento, attesa, omogenei", in pratica una sorta di prontuario sull'emergenza delle prestazioni. O meglio, un sistema informatico di definizione dei criteri delle priorità. Obiettivo: ridurre le liste di attesa. Risultato? La Fimmg, il sindacato più importante che riunisce i medici di base, ha inviato una lettera alla Regione chiedendone la sospensione. Quello che viene criticato è il fatto che l'assegnazione della priorità di una visita - urgente o differita, per capirci, - sarebbe già stabilita a priori dal sistema informatico in uso dai medici. Ma Lanzarin assicura: «Si tratta di uno strumento che serve per aiutare i medici, ma sono sempre loro a stabilire la classe di priorità in base all'anamnesi e al paziente. Stiamo parlando di un provvedimento nazionale definito nella Conferenza Stato-Regione ancora nel 2019 e già applicato in altre Regioni. Noi abbiamo approvato ora la delibera con l'intento di facilitare il lavoro del medico che si ritrova una schermata a video modificabile. Non c'è, come ho sentito, nessun algoritmo che toglie la possibilità di scelta. Ho comunque dato mandato ai miei uffici di raccogliere le criticità e di effettuare delle verifiche. A breve un feedback».

Modello veneto

Il dialogo con i sindacati dei medici di base è avviato anche per la definizione di un nuovo modello organizzativo della medicina territoriale. «Come succede per gli ospedali con "le schede ospedaliere", così ora andremo a valutare il futuro della medicina territoriale che - conclude l'assessore - dovrà tenere conto dell'invecchiamento della popolazione, dei carichi di lavoro e anche delle novità contenute nel Pnrr e nel nuovo accordo collettivo nazionale. La definizione di questo nuovo modello ci terrà impegnati per tutto il 2023».

Cristina Giacomuzzo

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