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Sanità

Intervento chirurgico “creativo” gli salva l’occhio tranciato dalla maniglia di un container

Paziente e medico: a sinistra Nicola Tregnaghi, a destra Pietro Viola
Paziente e medico: a sinistra Nicola Tregnaghi, a destra Pietro Viola
Paziente e medico: a sinistra Nicola Tregnaghi, a destra Pietro Viola
Paziente e medico: a sinistra Nicola Tregnaghi, a destra Pietro Viola

Un infortunio gravissimo sul lavoro a Trissino (Vicenza). Tutta la parte anteriore dell’occhio tranciata da una maniglia di ferro volata dal portellone di un container. L’occhio destro sembrava perduto. Quasi una condanna definitiva per Nicola Tregnaghi, 45 anni, di Meledo di Sarego, una compagna, Katia, e un bimbo di 8 anni. In molti ospedali gli avrebbero probabilmente detto che non c’erano speranze. Invece - come riporta Il Giornale di Vicenza - al San Bortolo è avvenuto il miracolo grazie a un intervento del dottor Pietro Viola, non nuovo ad exploit del genere, sotto la supervisione, alle sue spalle in sala operatoria, del primario Roberto Cian, nome di prestigio dell’oculistica italiana. 

Il quadro iniziale era davvero complesso. La struttura esterna dell’occhio non esisteva più. Ma qui è venuto fuori il talento chirurgico di Viola, il quale ha condensato in un intervento durato due ore e mezza un’operazione in cui era indispensabile saper fare, sotto l’aspetto operatorio, tante cose insieme. Nel suo campo Viola è già conosciuto ed apprezzato. Al congresso della Società italiana di trapianto di cornea, massimo palcoscenico del settore, già per due volte ha eseguito interventi in diretta, e alla prossima edizione farà il training a specialisti di tutta la penisola. 

Subito dopo l’infortunio il tecnico è stato trasportato in ambulanza all’ospedale di Montecchio dove l’occhio è stato ricucito nel reparto diretto da Sandra Radin, anche qui con un intervento provvidenziale perché ferita aperta equivale ad occhio irrimediabilmente perso. Dopo le prime cure, il trasferimento a Vicenza. Il primo intervento effettuato da Viola è servito a mettere in ordine l’orbita e a salvare il salvabile. Poi un secondo intervento per sostituire con un trapianto tutta la zona opaca cicatrizzata e posizionare una lente artificiale con l’iride azzurra, esattamente il colore dell’occhio del paziente. Ora il lungo taglio non si vede più. La pupilla lancia riflessi dorati, che sono però solo i segni delle precise e sapienti suture interne e che presto scompariranno. Per il resto l’occhio è uguale in tutto a quello prima dell’incidente. Anche la vista è parzialmente ritornata, e i decimi continueranno ad aumentare. Una ricostruzione perfetta. 

«La via visiva è ripulita – spiega Viola -. Adesso c’è da attendere il risultato del trapianto di cornea che ha bisogno sempre di tempo. La vista si affinerà nel giro di mesi. L’esito definitivo lo vedremo fra un anno». È stato un intervento che ha richiesto, in corso d’opera, una certa dose di inventiva. Di operazioni del genere non se ne fanno tante, ed è durante il percorso chirurgico che occorre, man mano che si va avanti, immaginare e porre in atto le manovre più adatte per superare gli ostacoli e ricomporre un mosaico in questo caso completamente distrutto. Passo dopo l’altro si può capire cosa fare, quale dovrà essere il gesto successivo. Insomma, come creare un’opera d’arte. «Ora – dice il paziente rinato – vedo bene le sagome, i colori mi appaiono più vividi». 

Tregnaghi fa il tecnico trasfertista. Va in giro per il mondo a montare macchinari per conto di un’azienda meccano-tessile di Trissino. Era appena tornato da una trasferta. Sarebbe dovuto essere in ferie, ma il titolare, quella disgraziata mattina, lo chiama per caricare su un container una macchina che avrebbe dovuto poi assemblare in un laboratorio all’estero. «Ho sganciato le sicure, la pressione interna forse era eccessiva, la maniglia del portellone è schizzata all’improvviso con violenza conficcandosi nell’occhio. La prima fortuna nella sfortuna è stata che non ero girato, altrimenti se il ferro avesse preso la tempia non sarei più qui. La mia seconda fortuna è stata aver incontrato il dottor Viola, un medico eccezionale anche sotto l’aspetto umano. A Montecchio sono stati bravi, e qui a Vicenza risolutivi. Il mondo mi era caduto addosso. In poche frazioni di secondi mi sono trovato senza terra sotto i piedi. Non vedevo più nulla. Temevo di restare cieco. Ora l’orizzonte è sereno». 

 

 

Franco Pepe

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