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Dopo due anni di contagi

Evelina Tacconelli, tra bilanci e previsioni: «Il Covid non sparirà, ma grazie al vaccino potremo conviverci»

La scienziata: «Diventerà malattia endemica, come l’influenza, e sarà necessario proteggerci dalle varianti, con i richiami annuali»
Evelina Tacconelli, direttrice delle Malattie Infettive Aoui è stata la prima a Verona a ricevere il vaccino il 27 dicembre 2020
Evelina Tacconelli, direttrice delle Malattie Infettive Aoui è stata la prima a Verona a ricevere il vaccino il 27 dicembre 2020
Evelina Tacconelli
Evelina Tacconelli

Sicura: «Sì, il Covid non sparirà, rimarrà tra noi. Accade con tutti i virus pandemici: quando arrivano, non se ne vanno più. Cambiano solo». Previdente: «Diventerà endemico, come l’influenza. Che significa? Che continuerà a presentarsi a piccoli focolai e con una incidenza relativamente uniforme. E che impareremo a conviverci». Concreta: «Tra un anno, tra due, impossibile fare previsioni, arriveremo al punto in cui l’agente responsabile di questa infezione circolerà stabilmente nella popolazione senza colpirla gravemente, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato distribuito in determinati momenti dell’anno, quelli più freddi. Ripeto: lo scenario sarà quello della sindrome influenzale». E qui si fa severa: «Attenzione però, che di influenza si muore. Il Coronavirus manderà sempre qualcuno in ospedale ma si tratterà di numeri piccoli e di soggetti più fragili di altri, nulla di paragonabile a questi anni di fase acuta della malattia». È fiduciosa la professoressa Evelina Tacconelli, direttrice del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, oltre che consulente dell’Unità Malattie Infettive dell’Università di Tubinga in Germania e dell’Oms per la prevenzione delle infezioni resistenti agli antibiotici. Pluripremiata per l’impegno in prima linea nella lotta alla pandemia, con la misura che l’ha sempre contraddistinta, supportata da evidenze scientifiche, non sta dalla parte di chi racconta scenari catastrofici.

Evelina Tacconelli
Evelina Tacconelli

Perchè? Perché già adesso, a guardare i numeri delle ospedalizzazioni, non siamo in emergenza. Nulla di paragonabile all’inferno del 2020. Quello è l’indice da monitorare per valutare l’impatto di un’infezione mondiale: un anno fa avevamo i reperti pieni di ricoverati, abbiamo dovuto aprire i Covid Center, tutte le attività cliniche e chirurgiche d’elezione erano state bloccate per poter curare le polmoniti da Sars Cov 2, con le Terapie Intensive in difficoltà. Oggi grazie al vaccino e alle cure all’avanguardia siamo sulla strada che porterà, superata l’onda grande dei contagi, ad una sorta di immunità naturale. A quel punto, la situazione si normalizzerà.

Ma se il virus non è debellabile, questa sorta di «convivenza pacifica» da cosa dipenderà? Dalla vaccinazione. Mi spiego: l’immunità di gregge è possibile ma è difficile di fronte a un virus che muta; ad ogni variazione, per non tornare al punto zero, diventa obbligatorio il richiamo. È l’unica arma che abbiamo. In questo preciso momento il booster è indispensabile per alzare le difese di massa, due dosi non bastano. Ed eccoci di nuovo lì: come l’antinfluenzale si fa ogni anno, l’anti-Covid funzionerà allo stesso modo. Ci sono molte malattie infettive che richiedono dosi annuali di siero: l’epatite B, la polmonite da pneumococco. A questo punto il primo problema è rappresentato da chi non vuole vaccinarsi; il secondo è logistico: viviamo in un mondo globale.

Un fine-pena mai, insomma. In un certo senso sì, ma la pena sarà sempre più gestibile. La situazione è chiara: io posso anche pensare di mettere in sicurezza con il vaccino i miei veronesi, mettiamo pure anche tutti i Veneti: se si infettano li curo con le monoclonali, senza mandare in affanno l’ospedale. E poi? Se il resto del mondo non fa come me, non ho modo di controllare il contagio, a meno che non facciamo tutti come la Cina che ha chiuso i confini, nessuno entra e nessuno esce. Basta quindi un viaggio in aereo, ci sono i porti, c’è l’immigrazione, c’è il lavoro che sposta milioni di persone ogni giorno, e la mia “cortina di ferro“ crolla immediatamente. Se per assurdo posso arrivare a proteggere il mio pezzo di mondo isolandolo da tutti, diventa difficile riuscirci con il pianeta: da soli non riusciamo a debellare il virus, quindi l’unica via percorribile è quella di mettere in campo tutte le azioni sanitarie per farla diventare una endemia e conviverci, senza più tracciamento.

Torniamo allora a fare previsioni: la vaccinazione quando renderà il Coronavirus “poco più che un raffreddore“? Non adesso, ci sono troppi contagi, ogni giorno la curva epidemiologica registra balzi mai registrati, la Omicron è più contagiosa della Delta e dei precedenti ceppi, per quanto sia meno aggressiva, siamo quindi lontanissimi, ma ci arriveremo: rimandiamo i bilanci a dopo l’estate.

C’è chi anche con il booster si contagia. Che succede, professoressa? Con la terza dose il livello di anticorpi neutralizzanti aumenta in modo rivelante, con Pfizer si calcola anche di 25 volte. Bisogna però ricordare un concetto chiave: il vaccino non protegge al 100 per cento, l’abbiamo sempre detto. Può essere che quelli che contraggono l’infezione non rispondano al farmaco, soprattutto se sono trascorsi più di 4-5 mesi dal ciclo primario. Detto questo, il booster protegge da forme gravi di malattia: non si finisce in ospedale, lo stiamo vedendo sul campo anche in questa quarta ondata. Oggi in rianimazione l’80 per cento non ha fatto la profilassi.

Alcuni no vax arrivano a rifiutare le cure, accettando il rischio di morire. Quando se li trova davanti, che fa, dottoressa? È inconcepibile, per me, prima da medico e poi da essere umano, capire scelte estreme come quella di lasciarsi uccidere da una malattia di per sè curabile, in nome di un’ideologia. Il mio dovere è fare tutto il possibile per salvare la gente, e ci provo fino all’ultimo respiro. Poi, quando purtroppo fallisco nella mia missione, di fronte a chi se ne va provo pietà e un grande dolore. Alla sofferenza della perdita si aggiunge il senso di fallimento della medicina che non è riuscita a superare la paura provocata dalla disinformazione, dalle fake news, dalle chiacchiere pericolose che, mai come oggi, sono il grande problema del Covid.

La nuova quarantena dalle maglie larghe è sostenibile dal punto di vista scientifico? Sì, certo: oggi abbiamo l’85 per cento degli italiani over 12 vaccinati con le prime due dosi e il 60 per cento con la terza. Era scritto che si arrivasse a rivedere queste misure. E’ un altro passo verso la convivenza serena con il virus. Io sono ottimista e, se posso permettermi, inviterei tutti a non lasciarsi abbattere dal peso mediatico di chi spettacolarizza il Covid: selezionate le informazioni, affidatevi alla medicina e agli uomini di scienza, non ascoltate chi si improvvisa infettivologo o virologo, spegnete la Tv.

Ne usciremo dottoressa? Sì. Anche con l’Hiv ci siamo riusciti.

Camilla Ferro

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