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PROGETTI

Cure palliative, si allarga la rete dei protagonisti

Un incontro formativo al Gresner
Mirko Riolfi al convegno sulle cure palliative
Mirko Riolfi al convegno sulle cure palliative
Cure palliative (Ulss9)

«La vita non è breve, viene inutilmente sprecata». Saggezza antica quanto attuale quella del filosofo Seneca, specie di fronte alla sofferenza per una malattia inguaribile. Perché se guarire e sottrarsi a un finale già scritto, spesso non si può, curare è sempre possibile. Questo il principio fondante delle Cure Palliative, dal latino pallium, mantello appunto, protezione. Quel prendersi cioè cura del paziente nel suo essere anche altro dalla malattia, preservandone la qualità di vita per tutto il tempo che (ancora) resta.

A spiegarlo sono stati i medici palliativisti (e non) dell’Aulss 9 Scaligera e dell’Aoui di Verona, insieme ai volontari di Ado, Amo Baldo Garda, Acero di Daphne, all’incontro informativo presso l’istituto Gresner finalizzato a raggiungere proprio quel grande sommerso di popolazione che tuttora non conosce tale opportunità (o non è stata segnalata) pur avendo il diritto ad accedervi. Nel bacino dell’Aulss 9 Scaligera si stima infatti possano aver bisogno di cure palliative 10mila pazienti, 1.500 dei quali (oncologici) nel 2021 sono stati presi in carico dalla Uoc Cure Palliative diretta da Ezio Trivellato, insieme ad altre centinaia di non oncologici.

«Si tratta di un approccio», ha detto lo specialista, «rivolto a persone, e loro familiari, con patologie degenerative non più rispondenti ai trattamenti specifici, volto alla prevenzione e sollievo della sofferenza, per mezzo di un’identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e altre problematiche di natura fisica, psicologica, sociale e spirituale». Preferibilmente praticato a domicilio, ma anche in ospedali e hospice. «Il bisogno rilevato in via precoce (nel corso della malattia) o nel fine vita», ha aggiunto Mirko Riolfi, «non è attualmente sostenibile dalle reti di cura a disposizione. Per questo la normativa italiana spinge verso un maggiore impegno anche in termini di policy sanitaria. In modo che le aziende ospedaliere arrivino a dotarsi di più mezzi e più figure formate appunto per fronteggiare questa massa critica». Al momento si vede solo la punta dell’iceberg, dunque.

«Ma a mettere una pezza», assicura il medico palliativista, «nel 2023 saranno criteri di accreditamento delle reti, quale l’istituzione dell’organismo di coordinamento della rete (un tavolo tecnico tra il direttore della Uoc Cure Palliative, i rappresentanti delle associazioni di volontariato e dell’ospedale) che consentirà di lavorare in un’ottica di integrazione». Nemica anche la cattiva informazione. «Spesso si associa l’eutanasia alle cure palliative, che sono invece un servizio alla vita», precisa Giuseppe Moretto, cofondatore dell’Acero di Dafne, nata per i bisogni generati da storie «cui le istituzioni non hanno dato risposta». Da cui l’investimento per formare un primo nucleo di competenze specifiche e l’avvio di una attività complementare a quella dei palliativisti e altri sanitari attivi sia in ambito territoriale che ospedaliero (elaborazione lutto, sostegno psicologico, musicoterapia), per potenziare l’esistente.

E poi c’è, dal 1992, l’AdO, nel tempo dotatasi di un Centro di ascolto oncologico convenzionato Ulss 9, rivolto a tutti i cittadini con diagnosi di tumore (e loro familiari), un servizio di assistenza domiciliare gratuita e in generale di accudimento alla persona (in affiancamento ai nuclei cure palliative distrettuali. «Un servizio», testimonia uno dei 40 volontari attivi, «che restituisce consapevolezza di un bisogno grande di attenzione verso l’altro».•.

Francesca Saglimbeni

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