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A cura del dottor Federico Mereta

In otto casi su dieci viene scoperto quando è già avanzato perché spesso non crea disturbi particolari o dà sintomi generici, come un mal di pancia. Anche per questo la diagnosi precoce del tumore all’ovaio, circa 5.000 casi l’anno in Italia, è una battaglia che si deve vincere. Un grande aiuto, per chi presenta familiarità, può venire dalla genetica e dal cosiddetto gene «Jolie», dal nome dell’attrice che proprio per la presenza di questa alterazione genetica ha deciso di procedere alla mastectomia e poi all’asportazione delle ovaie in senso preventivo. L’avvento dei test genetici infatti permette di prevedere, diagnosticare precocemente e trattare al meglio molte forme di tumore. Una di queste è appunto il tumore ovarico che presenta le mutazioni del gene Brca, ma bisogna far sì che sia sempre più diffuso il ricorso ai test genetici che permettono di identificare persone o intere famiglie ad elevato rischio di cancro e consentono di intervenire preventivamente o con terapie innovative mirate ai pazienti che presentano i geni mutati. «Oggi», spiega Sandro Pignata, direttore di Oncologia Medica Uro-Ginecologica presso l’Istituto Nazionale Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli, «si raccomanda per tutte le donne affette da carcinoma ovarico la ricerca delle mutazioni Brca 1 e 2, in tal modo si identificano i casi positivi alla mutazione per i quali è necessario attuare le opportune misure preventive e un monitoraggio diagnostico molto stretto». La storia familiare è uno dei maggiori fattori di rischio a causa della trasmissione ereditaria della mutazione dei geni Brca. Sebbene il test rappresenti un’opportunità per le pazienti, solo metà di esse viene sottoposta a questa indagine genetica. Bisogna informarle.

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