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Intervista ad Alessandra Broggiato

«Matta come un cappellaio. Mio padre, la mia forza»

Alessandra Broggiato
Alessandra Broggiato
Alessandra Broggiato
Alessandra Broggiato

Ha vissuto fin da bambina in mezzo a stoffe, pellicce, aghi e forbici. Per questo basta metterle in mano un pezzo di tessuto, anche il più insignificante che lei riesce a creare qualcosa di straordinario. Non è caso, forse, è nata a Como, patria indiscutibile della seta.

 

Alessandra Broggiato, artigigner, come si definisce ha concretizzato i suoi sogni di bambina in un atelier tutto suo in zona industriale, in via Silvestrini. Ma fino a qualche tempo fa ha avuto anche uno showroom con Giorgia Caovilla in via Manzoni a Milano. È in quel suo mondo, ora in Zai, in quello che visto da fuori è solo un capannone ed osservato da dentro diventa un luogo incantato, che lei crea.

 

È lì, che il tempo sembra contemporaneamente essersi fermato ed avere accelerato i giri delle lancette di un orologio. È qui che nascono le creazioni che poi spesso vediamo nelle sfilate di alta moda, da Valentino Garavani a Blumarine, ma anche per altre case di moda, le più famose, per le quali è tenuta però al segreto professionale. Basta comunque da un’occhiata alle sfilate e lo stile Broggiato si riconosce subito.

 

Poteva fare un altro lavoro? Nasco in una famiglia di artigiani, papà Mario, pellicciaio, zia Marisa modellista e sarta premiere nell’atelier di Adriana Castelli Cutuli dagli anni Cinquanta, mia sorella Daniela pellicciaia e artista, crea e produce abiti da sposa e per il carnevale di Venezia. Arrivai a Verona che avevo cinque anni. Mio padre Mario trasferì qui la sua pellicceria, le cose andavano bene, ma poi nel 1985 lui si ammalò e morì. Aveva 55 anni. Fu tremendo, angoscia, disperazione, lui credeva in me più di quanto non ci credessi io. Sono convinta che la forza del suo amore mi abbia dato il coraggio di andare avanti con i miei sogni. Per questo ogni volta che raggiungo un traguardo dedico le mie vittorie a lui. Inizio presto, lavoro ad uncinetto, disfo pellicce, osservo e imparo. Quando è iniziata la svolta? Nel 1995, a 27 anni, decido di creare la mia prima linea di cappelli, tutti artigianali, lavorati a mano. Senza l’aiuto di nessuno mi do da fare, acquisto riviste ed il computer di allora, l’Annuario Seat 1995 che conservo ancora, evidenzio le aziende da contattare. Parto per Milano e il mio primo appuntamento è con uno degli stilisti più affermati nel mondo con il quale il rapporto di lavoro dura tuttora e sono passati 26 anni. Seguono poi Valentino, Blumarine e molti altri stilisti italiani, francesi, inglesi e newyorkesi.

 

Lei e la seta, un binomio imprescindibile? Nel 2004 incontro Roberta e sua mamma, due splendide donne che mi insegnano le tecniche del secolo scorso per produrre fiori in seta. Imparo e la produzione di fiori diventa la mia attività principale. Ma sono nata con i cappelli, rilevai un cappellificio a Milano. Nel ’95 andai a Londra a cercare il più vecchio negozio che produceva cappelli, da James Lock, da qualche parte debbo avere ancora il loro biglietto da visita e acquistai in una libreria un meraviglioso libro antico sui cappelli. Rilevai un cappellificio di Milano e una piccola attività di Bologna che produceva fiori: acquistai tutti gli attrezzi per poter lavorare, mi indebitai. Collaboro con seterie come Mantero con stilisti come Elisabetta Delogu. Collaboro con due sarti meravigliosi come Dorina e Carlo Alberto Comerlati. Con rispetto e amore porto avanti le attività di chi mi ha preceduto.

 

Lei ha lavorato anche in Francia. Ha esposto a villa Bernasconi, ha partecipato al congresso mondiale dei sarti che si era tenuto in Gran Guardia nel 2019. Nel maggio 2019 sono stati invitata ad esporre i miei accessori in seta per raccontare l’eredità simbolica delle tessiture Bernasconi. Oggi sono conosciuta in tutto il mondo come «Il laboratorio» anche grazie alle fiere fatte a Parigi ma, soprattutto, grazie a tutte le mie collaboratrici. In particolare Ledi Lucia e Debora che mi supportano, e sopportano, amorevolmente da tantissimi anni. Grazie al loro lavoro di precisione la qualità dei nostri prodotti è sempre eccellente. Abbiamo lavorato tanto, anche in questo brutto periodo Covid soprattutto per Valentino Garavani che è tra gli stilisti che più credono in noi. Senza le mani d’oro delle mie collaboratrici non farei nulla. Non le ringrazierò mai abbastanza.

 

Nel suo atelier ci sono stole di foglie, collane di pelle colorata, cerchietti enormi con fiori, piume colorate. Io sono la parte creativa, infatti in prevalenza i campioni li realizzo io. Taglio, dipingo, bollo e assemblo, ogni volta creo qualcosa di diverso; non solo fiori ma anche borse, stole, cerchietti, orecchini e ogni altro accessorio richiesto dai clienti. Produciamo anche per privati che possono scegliere materiali, colori e dimensioni, presto si potrà acquistare anche on-line. Di recente è nata una nuova linea di accessori realizzati sempre con tecniche antiche come il macramè e il tombolo.

 

I suoi cappelli sono stati portati anche da alcune veronesi che hanno partecipato da spettatrici al matrimonio del secolo, quello del principe Henry e Megan. Adoro Ascot, i miei cappelli sono perfetti quel tipo di cerimonia. Realizzare un cappello è far sentire una donna una principessa, farle vivere un sogno. Un cappello da fascino, mistero, esalta la bellezza, corregge i difetti.

 

Ma c’è anche un’anima green... Utilizziamo materiali riciclati, utilizziamo prodotti naturali, usiamo i colori alimentari, ho aderito con piacere al progetto «non plastic». Pensare che invece i cappellai, in epoca Vittoriana, in Inghilterra, utilizzavano il mercurio per colorare i tessuti, non ha caso si dice mad as a hatter, matto come un cappellaio. È su quel gioco di parole che è nato il personaggio in Alice nel paese delle meraviglie.

 

Il fisico atletico tradisce la passione per la corsa. Sono una sportiva, o almeno, ci provo. Sono cintura marrone di karate. Faccio parte di una squadra totalmente femminile la Woman triathlon Italia. Ho partecipato anche alla staffetta Ironman con la mia presidente Antonella Salemi. Alla fine della gara sentivo una voce che mi diceva, dai che se vuoi ce la fai. Un poco il motto che mi accompagna da tutta la vita. «C’è un posto che non ha eguali sulla terra. Questo è un luogo unico al mondo, una terra colma di meraviglie, mistero e pericolo. Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti come un cappellaio. E per fortuna io lo sono», diceva il Cappellaio in Alice nel paese delle meraviglie. Non rimpiango nulla, di delusioni ne ho avute tante, mi hanno aiutata a crescere, a migliorare. Io voglio continuare a stupirmi e a stupire attraverso quello che creo. La soddisfazione più grande è vedere la gioia negli occhi di una sposa, o ridare vita ad una vecchia borsa, a qualcosa che è appartenuto a qualcuno che abbiamo amato e vogliamo continuare a portare con noi. Un tessuto, come per esempio la seta, racconta storie, uniche come ogni storia sa essere. Un cappello invece può trasformarti in altro, in quello che magari hai sempre sognato di essere. L’importante è essere sempre e comunque unici.

Alessandra Vaccari

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