Moda & tendenze

Il sarto vicentino Luigi Zolin in passerella: «Vesto l'anima delle donne»

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L'intervista al sarto Luigi Zolin

Il suo motto è una frase presa in prestito da Givency «Ricordatevi che non si deve coprire un corpo, ma vestire un'anima». Ed è proprio all'anima di chi lo deve indossare che Luigi Zolin, 77 anni e grinta da vendere, pensa, quando deve realizzare un capo.

Pensa anche a dove dev'essere indossato: «Chanel - ricorda - diceva che una donna dovrebbe indossare un grembiule come fosse un abito da sera e un abito da sera come fosse un grembiule». L'eleganza però è la prerogativa su cui non transige: «A me piace pensare alla donna che al mattino si presenta in piazza in tailleur e comunque passa inosservata, e porta gonna ampia e lustrini se deve andare alla Scala. Un concetto che si è perso. Oggi vediamo donne con i lustrini al supermercato e in jeans alla Scala, che meriterebbe rispetto, perché è un luogo sacro».

Difficile transigere, per uno che ha lavorato con i mostri sacri dell'alta moda, da Givenchy e Valentino, con cui continua a collaborare, passando per Yves Saint Laurent. «L'alta moda - rivela - per me è esclusività, creatività, lusso che non si deve vedere, cultura e artigianalità».

Se il talento è un dono che ha saputo riconoscere ed esprimere, questa abilità «è frutto di molta pratica e tanti sacrifici». Anche umiltà, che a Zolin non è mai mancata. «Sono cresciuto in una famiglia poverissima - rivela - ho sempre indossato vestiti usati che ci donavano le famiglie ricche». Eppure la mamma gli ha trasmesso il senso dell'eleganza. «E forse - ammette - una parte di me ha cercato inconsciamente una sorta di riscatto». Cosa che ha fatto imparando dai grandi, fino a creare uno stile suo: «Ma ormai non si inventa più niente», è convinto «mente chi dice il contrario».

Di suo Zolin mette l'amore per il colore: «Per me il colore è vita, basta guardare una farfalla, o soffermarsi davanti a un fiore: ha i petali rosa, i pistilli gialli, il gambo verde. In natura c'è già tutto. Fin da bambino amavo dipingere, forse dovrei dire "pastrociare". Quella passione mi è servita quando sono arrivato da Saint Laurent e mi è stato chiesto di fare una cartella colore con un solo tessuto. Ero uno stagista, ma appena l'ha vista monsieur ha dato indicazioni di assumermi». E ha fatto un dono alla moda.

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