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«Tra classica, pop e rock
il mio violino, la mia vita»

Lisa Agnelli
Lisa Agnelli
Lisa Agnelli
Lisa Agnelli

Dagli studi televisivi Rai e Mediaset ai tour con Renato Zero e Christian De Sica. Da Londra, dove suona con la London Beethoven Symphony, agli studi dove ha inciso la colonna sonora della fiction «L’allieva». Dalla Triennale di Arte Contemporanea di Verona alle sale da concerto di Zurigo. Fino allo stop imposto dal Covid-19 che ha fatto conoscere la violinista Lisa Agnelli come un «Cupido jukebox» nella storia d’amore tra sua sorella Paola e Michele che ha fatto il giro del mondo: i nuovi Giulietta e Romeo al tempo del Coronavirus. E ora la musicista veronese, classe 1989, è pronta a presentare la sua musica, tra classica e rock, in un album di reinterpretazioni tra Vivaldi e gli AC/DC.

Lisa, quand’è nato l’amore per la musica?
A due anni. Mia sorella studiava pianoforte e io cercavo di imitarla, poi lei ha smesso, il piano è stato portato via e ho continuato con la tastiera. A 11 anni, però, a un concerto di mia mamma, cantante in un coro, per la prima volta ho visto un'orchestra dal vivo ed è stato amore a prima vista per il violino. Ho insistito tantissimo per iniziare a suonarlo e dopo un mese suonavo già le prime canzoni classiche, convincendo la mia famiglia che la musica era davvero la mia strada. Crescendo, ho sempre fatto di tutto per non separami nemmeno un secondo dalla musica: liceo musicale e Conservatorio in contemporanea; finito il liceo, Università di scienze dell'Educazione e ancora Conservatorio. Per mantenermi un po’, ho anche lavoravo per anni come comparsa in Arena, durante la stagione lirica. E così potevo assistere ogni sera a tutte le opere dell’Arena Festival.

Com’è andato questo periodo in casa, senza concerti né viaggi?
Ho sofferto molto il periodo della quarantena. Ero abituata ad essere sempre in viaggio, a suonare sempre in posti diversi, a regalare emozioni alle persone con la mia musica. Mi manca moltissimo tutto ciò. Per… tamponare un po’, ho fatto molte dirette Instagram e fino al 4 maggio ho suonato spesso al balcone di casa, cercando di trasmettere le stesse energie positive ed emozioni che trasmettevo da un palco. E penso di esserci riuscita bene perché, oltre agli applausi del vicinato e ai mille messaggi in chat, suonando al balcone un brano dei Queen, ho trovato l’amore a mia sorella!

Cosa rappresenta per lei la storia d'amore fra sua sorella Paola e Michele? Com'è iniziato tutto?
Per me è un evento e conferma il fatto che la musica riesce a creare atmosfere magiche e dare speranza alle persone. Tutto è iniziato il primo giorno che mi sono affacciata al balcone. Era il 17 marzo. Ho cominciato a suonare e ho attirato l'attenzione dei miei vicini. Come Michele, che ha visto mia sorella accanto a me. Poi lui le ha scritto, si sono sentiti e… il seguito lo sanno tutti. E non solo a Verona.

La storia di questi due Giulietta e Romeo ai tempi dei Coronavirus ha fatto il giro del mondo. Sono perfino stati intervistati dalla rivista americana People, dal Times e dalla trasmissione This Morning dell’inglese Itv. Dunque, Lisa, lei crede nel potere magico della musica?
Credo assolutamente nella forza della musica e nelle emozioni che riesce a trasmettere. La musica è tutto e senza non si potrebbe vivere felici. Provate a immaginare di vedere un film senza musica, a salire in macchina e non avere la radio, ad andare a teatro e vedere una commedia senza musica... No! Sarebbe davvero una vita impossibile! E non è un caso che la musica sia usata come terapia per curare molti disturbi. Io penso sia la più dolce medicina al mondo.

Lei si districa fra classica, pop e rock: cosa le piace di questi generi?
Io sono cresciuta studiando ed eseguendo solo musica classica; è la mia «casa dolce casa». Poi, lavorando con molti artisti pop rock del panorama musicale italiano e non, ho deciso di ampliare il mio repertorio inserendo brani crossover. Il pubblico ha apprezzato tantissimo e io mi sono appassionata sempre più a questo genere. Ho cominciato a incidere in studio cover di brani come «Thunderstruck» degli AC/DC, e due brani dal repertorio dei Queen: «We are the champions» e «Love of my life». E ne ho tantissime altre da fare.

Come 2Cellos e David Garrett…
Dopo la mia decisione di iniziare a fare crossover fra classica e rock, ho iniziato ad ascoltare i musicisti che già lo facevano come Garrett, i 2Cellos, ma anche Vanessa Mae e ThePianoGuys per prendere ispirazione. Poi, ovviamente, faccio di testa mia e con il mio stile.

Che tipo di arrangiamento ha pensato per «Thunderstruck»?
L’arrangiamento di tutti i brani rock ha sempre qualcosa di classico e sinfonico. Per esempio in «Thunderstruck» c'è un po’ delle Quattro Stagioni di Vivaldi e un piccolo frame dell'incipit della Partita in mi maggiore per violino a solo di Bach. E viceversa: nei brani classici in cui si può osare, metto un arrangiamento rock metal e talvolta «cinematic», da colonna sonora. I classici intoccabili, invece, li lascio così.

Come si potrebbe far avvicinare alla musica i ragazzi più giovani, quelli che magari ascoltano solo trap?
Penso che si dovrebbe proporre più educazione musicale nelle scuole e ampliare l'offerta di concerti. Soprattutto per i concerti classici non serve proporre troppe ore di musica mentalmente impegnativa, ma alternare. Per questo io ho deciso di dare questo taglio moderno al mio stile e alla mia proposta musicale per i concerti. E poi i grandi musicisti di un tempo erano vere e proprie rockstar: volevano impressionare il pubblico con i loro virtuosismi.

Zero, De Sica, Piero Pelù, Eros Ramazzotti: com’è stato lavorare con loro?
Ho lavorato con molti grandi artisti e in nessuno di loro ho trovato arroganza o presunzione; è questo che rende una persona grande. Ramazzotti è il mio preferito. Sono cresciuta con la sua musica e lavorare per lui è stato un onore. Per aiutarmi a diffondere i miei brani, ha condiviso sul suo Instagram la mia versione di «Thunderstruck». Eros è fantastico.

Con l'Orchestra Ritmico Sinfonico Italiana lei ha partecipato a trasmissioni Rai e Mediaset. Che esperienza è stata?
Suonare in tv è adrenalina pura e allo stesso tempo massacrante; non ci sono orari e dovevamo sottostare alle decisioni degli artisti. Un giorno sono stata sul palco dalle 8 di mattina alle 3 di notte, con solo mezz’ora per il pranzo e la cena saltata. La soddisfazione è comunque tanta; conosci molte celebrità e si impara tantissimo.

Tre cose che lei ha imparato dal suo violino?
La pazienza, la bellezza e l'umiltà.

Cosa direbbe a una bambina che volesse avvicinarsi a questo strumento?
Impegnati più che puoi e non ascoltare mai chi ti dirà che non arriverai mai, che di musica non si vive o che magari sei troppo grande, quando di anni ne hai 11. Tratta il violino come fosse tuo figlio e lui te ne sarà grato.

Giulio Brusati

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