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«Ho rischiato
di perdere la vita
per un errore»

Maurizio Bernardi, ex sindaco di Castelnuovo, durante un’escursione
Maurizio Bernardi, ex sindaco di Castelnuovo, durante un’escursione
Maurizio Bernardi, ex sindaco di Castelnuovo, durante un’escursione
Maurizio Bernardi, ex sindaco di Castelnuovo, durante un’escursione

Un errore, l’incidente, la salvezza. E l’onestà di ammettere: «Ho sbagliato nel valutare, non so perché quel giorno... di solito sono molto più saggio». Maurizio Bernardi, 62 anni, ex sindaco di Castelnuovo e alpinista appassionato, il 17 dicembre scorso ha rischiato di non fare ritorno a casa: una scivolata sulla neve ghiacciata e la caduta lungo il vallone Osanna sul Monte Baldo. A salvarlo è arrivata l’eliambulanza di Trento con i tecnici del Soccorso alpino: «Grandi persone. Certo una mano l’ha data anche Qualcuno lassù...», commenta ora Bernardi, convalescente. Pochi giorni più tardi, per la stessa causa e nella medesima zona, avrebbe perso la vita Enrico Venturi, trentunenne di Peschiera del Garda.

SPLENDIDA GIORNATA. «Una splendida giornata, la solita partenza dal tornante verso il Vallone Osanna, nessun problema nonostante la neve dura durante la salita, in cui abbiamo incrociato diverse persone», racconta l’ex sindaco, il quale saliva insieme con il figlio Enrico, trentenne. Calzavano entrambi ramponi «a catenella» (non l’attrezzo specifico da ghiacciaio) e si aiutavano con i bastoncini da trekking. «L’intenzione era di seguire un tratto del sentiero di cresta», spiega, «per dirigerci poi verso il rifugio “Barana al Telegrafo“ ma la situazione, per l’accumumulo di neve ghiacciata sul tracciato sommitale, si presentava piuttosto delicata. Abbiamo deciso così di cominciare a scendere».

L’INCIDENTE. L’imprevisto accade a pochi metri dall’imbocco del percorso di discesa. «Ho perso per un solo attimo l’appoggio su un piede e sono “partito“, a velocità pazzesca verso valle. Mi era capitato ancora di scivolare ma in situazioni in cui era possibile fermarsi», racconta Maurizio. «Ero senza la picozza, il bastoncino con cui d’istinto ho provato a frenare si è spezzato, non riuscivo a fare attrito neppure con lo zaino. A quel punto ho pensato solo a proteggere il capo... non so come ma ero rimasto sufficientemente lucido. Poi Qualcuno là in alto deve avere pensato a me, perché su una piccola riduzione della pendenza il mio ginocchio destro ha fatto presa e mi sono ritrovato fermo». Sanguinante dalle escoriazioni alla testa, con una spalla dolorante ma «ancora ben presente». La reazione successiva è da alpinista d’esperienza. «Ho mosso piano gli arti, per escludere danni gravi. Avevo male ma non era quella la mia preoccupazione», ricorda Bernardi. «Ho inviato l’allarme con l’applicazione Georesq... poi sono rimasto immobile, sapevo che se avessi provato a cambiare posizione sarei ripartito lungo lo scivolo ghiacciato, questa volta senza altre speranze di salvarmi». Dai cellulari di altre persone che si trovavano sul tracciato partivano intanto altre richieste di soccorso.

ATTESA NEL FREDDO. Il figlio Enrico, poco più avanti nella discesa, aveva visto sparire il padre lungo il pendio. È stato suo il primo tentativo di soccorso: ha cercato di attraversare in costa oltre il sentiero per intercettare il canalone, scivolando a propria volta ma fermandosi aggrappato ai pini mughi, senza conseguenze. «Ha fatto ciò che avrei fatto io», ricorda commosso Maurizio Bernardi. Nel frattempo un altro alpinista stava arrivando in aiuto. «Ricordo solo il nome, Giambattista. Era attrezzato come si deve, ha piantato la picozza ed è rimasto a valle rispetto a me per tutto il tempo, a confortarmi in attesa dell’intervento dell’elicottero. Lo cercherò, questo è sicuro, per ringraziarlo...». Il freddo, le parole di conforto, il tempo che sembra non scorrere, poi il battito del rotore dell’eliambulanza trentina che cala i soccorritori. «“Ora stai fermo, non ti preoccupare, facciamo tutto noi“ mi hanno detto», racconta Bernardi. «Sapevo che erano grandi persone e ne ho avuto la conferma. Anche loro cercherò, per dire un grazie... come ai medici di Trento, dove sono stato portato sul filo dell’ipotermia, con la temperatura corporea a 34 gradi. “Aspettavamo un moribondo“, scherzavano con me leggendo la Tac che rivelava solo una frattura alla scapola destra. “Mi spiace deludervi, ragazzi“, ho risposto».

«GRANDI PERSONE». La convalescenza prosegue. La voglia di montagna è rimasta. «È stata un’esperienza di vita, tra quelle difficili. La racconto perché serva ad altri», confida Bernardi. «In quota si va con l’attrezzatura adeguata al proprio obiettivo, pronti a rinunciare se le condizioni sono oltre le proprie possibilità. Io, forse sedotto dalla splendida giornata», ammette, «in questo caso ho valutato male, mettendo in pericolo me stesso, mio figlio e altri. Eppure le cime, in fondo, restano sempre lì». «Se devo trarre un altro insegnamento da questa mia storia», continua, «è la conferma di come, in questo mondo rabbioso e conflittuale, ci siano donne e uomini che rischiano e danno, con semplicità. Una constatazione che riappacifica con sé stessi e gli altri». L’ex presidente dell’Associazione famiglie italiane, per ora costretto in casa, si dedica al tema politico e sociale che aveva marcato il suo servizio come sindaco. In attesa di tornare in montagna. «Ma il via libera stavolta», scherza, «lo darà soltanto mia moglie, resta da vedere quando...».

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Paolo Mozzo

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