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FRANCESCO SAURO

Esploro il cuore
della Terra per
capire il nostro futuro

Francesco Sauro
Francesco Sauro
Francesco Sauro
Francesco Sauro

Compirà trentasei anni a settembre, Francesco Sauro, ma a 29 anni aveva già vinto il prestigioso Rolex Award for Enterprise per la scoperta di grotte antichissime nelle montagne tabulari (i Tepui, a cima piatta) dell’Amazzonia venezuelana e brasiliana; ha trovato una delle più alte tracce di dinosauri delle Alpi, a circa 3.010 metri sul dolomitico Monte Pelmo; ha individuato un minerale nuovo per la scienza (Rossiantonite, pubblicato su «American Mineralogist») e meritato nel 2016 la copertina di Time, come uno dei dieci millennial più influenti al mondo per le scoperte scientifiche e la sua capacità di incidere sulla percezione del pianeta oltre la sua superficie. Maturità classica a Padova dov’è nato, poi laurea con lode in Geologia all’università patavina e dottorato di ricerca a Bologna sull’alterazione e speleogenesi nelle rocce quarzitiche, e all’Alma Mater Studiorum è ancora professore a contratto di Geologia Planetaria.

Sono risultati che non sono venuti per caso, ma partono da una storia lontana...

Sicuramente mio padre, che è stato docente di Geografia Fisica a Padova, ha avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione, ma ad Attilio Benetti, El Tilio, il patriarca della Lessinia, uomo di cultura e umanità profonde, devo la scintilla per la ricerca nel mondo sotterraneo, per i fossili e le storie che solo lui sapeva raccontare. Ogni estate, durante le vacanze, con il ritorno della famiglia a Bosco Chiesanuova, erano le grotte, a partire da quella del Covolo di Camposilvano, con i loro misteri, ad accendermi la fantasia. Verso i 13 anni con mio cugino ci siamo attrezzati con corde e moschettoni per scendere nei covoli e papà e zio hanno cominciato a preoccuparsi: così mi ha iscritto a una corso di speleologia che ho frequentato con il Gruppo Speleologico Padovano e a soli 15 anni nel settembre 2000, ho trascinato i miei istruttori fino al fondo della Spluga della Preta. Loro non c’erano mai stati e per me è stato il battesimo in un abisso che ho frequentato più di cento volte, ma nonostante questo non ne conosco ancora tutti i rami.

Si è aperto un mondo, quello sotterraneo, che è ancora inesplorato ai più.

Sono andato sulle Dolomiti, dove non si credeva potessero esserci cavità importanti, invece nel 2003 abbiamo trovato un passaggio nella zona dei Piani Eterni che ci ha aperto un labirinto immenso: sei giorni di esplorazione fra andata e ritorno e ancora non si è rilevato tutto, scendendo a 1.052 metri di profondità, con ben 40 chilometri mappati. Per continuare occorrerebbe star dentro oltre la settimana. Lo studio della Geologia mi ha permesso di affrontare queste avventure anche in chiave scientifica, analizzando le stalattiti che sono dei libri aperti sul clima del passato. Ne abbiamo analizzate alcune in cui il record climatico si spinge fino a 360mila anni fa. Per capire il nostro futuro, occorre guardare a ciò che successe in passato.

Dall’Italia al mondo: è stato in Centro e Sud America, in Uzbekistan, nelle Filippine, in India, in Russia e Groenlandia. Che cosa cerca?

Non mi interessano i record della grotta più lunga o profonda da raggiungere, ma la loro storia, come si siano formate e quali messaggi conservino ancora oggi per noi. Sono stato sotto la calotta artica, grazie all’utilizzo di droni particolari e ho visto fiumi d’acqua di fusione: il collasso dei ghiacci perenni sarà molto più rapido di quanto ci immaginiamo.

Dal freddo estremo al caldo torrido dell’Amazzonia. Come ha potuto arrivare a zone inesplorate, violando anche antiche leggende e superstizioni legate ad esempio ai Tepui?

Grazie all’associazione La Venta di Treviso, di cui oggi sono vicepresidente, ho potuto partecipare a spedizioni all’estero fin da quando avevo 19 anni. Oggi sono oltre una trentina. Ho imparato a incontrare i capi villaggio, a spiegare bene che cosa cerchiamo, che non siamo lì per sfruttamenti minerari o per violare la loro terra, ma anzi per difenderla, perché se troviamo pitture rupestri antiche, nuovi minerali, nuove forme di vita, l’area avrà una protezione ancora maggiore: la ricerca geologica è dalla loro parte. Per esempio in Chiapas, una regione messicana povera d’acqua superficiale come la Lessinia, l’esplorazione sotterranea ci ha permesso di trovare grotte con vasti bacini d’acqua che erano sconosciuti.

Dal mondo sotterraneo allo spazio. Oggi è consulente dell’Agenzia spaziale europea (Esa) per l’addestramento di astronauti per future missioni di esplorazione planetaria. Sembra un controsenso passare dalle profondità della Terra al firmamento. Com’è successo?

Grazie a Loredana Bessone, coordinatrice dell’Esa per i corsi di formazione per gli astronauti, che aveva intuito come le grotte riproducano condizioni di isolamento simili a quelle dello spazio. Così ha contattato il mio supervisore di dottorato a Bologna Jo De Waele, chiedendo se conoscesse uno speleologo giovane, che fosse anche istruttore nazionale di speleologia, come sono io, a cui affidare il compito di direttore tecnico dei corsi di addestramento. Così sono diventato istruttore di 36 astronauti appartenenti alle principali agenzie (Esa, Nasa, Jaxa, Ruscosmos, Chineese Spaces Agency) e da quattro anni sono direttore per Esa di un nuovo programma di training geologico per gli astronauti europei denominato Pangaea (Planetary analogue for geology and astrobiology exercises for astronauts). Sono stati miei allievi in grotta, tra gli altri, Paolo Nespoli, Luca Parmitano, Samantha Cristoforetti, Pedro Duque, che oggi è ministro spagnolo per la ricerca e l’istruzione. Sono piloti o ingegneri aerospaziali molto sicuri di sé, ma non hanno mai fatto un’esplorazione in grotta, cioè non si sono mai trovati in un mondo alieno ma vero, dove sono necessari protocolli di sicurezza, come capiterà loro di fare nelle missioni spaziali, soprattutto se, come si ripromette la Nasa, per il 2024 si cercherà di riportare l’uomo sulla Luna.

Dalle grotte di casa alla Luna: che lezione dà ai suoi astro-allievi?

Di dare sempre il massimo di sé per la ricerca, qui sulla Terra come nello Spazio.

Vittorio Zambaldo

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