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La neuroscienziata Maryanne Wolf
La neuroscienziata Maryanne Wolf
La neuroscienziata Maryanne Wolf
La neuroscienziata Maryanne Wolf

Ci sono modi molto semplici per salvaguardare la democrazia e i diritti, così semplici come mettersi a letto, spegnere lo smartphone e leggere un libro. Rigorosamente di carta. È l’opinione della neuroscienziata Maryanne Wolf che dopo il successo di «Proust e il calamaro» (Vita e Pensiero 2009) torna a rivolgersi a tutti gli amanti dei libri con «Lettore, vieni a casa» (Vita e Pensiero, pp. 221, 20 euro). E spiegando con nove lettere uno dei lati ancora poco chiari e un po’ inquietanti della nuova civiltà degli schermi elettronici. Cosa succede nella nostra testa mentre leggiamo? E, soprattutto, cosa succede quando lo facciamo con telefonini o computer? «Il cervello che legge nel mondo digitale» è infatti il sottotitolo del libro, un cervello che, negli adulti, ma soprattutto nei bambini, si sta impigrendo, scorre sulle parole in modo distratto e veloce, perdendo senso critico e empatia. Proprio le caratteristiche peculiari, tra cui anche un piacere intenso e profondo, che solo le vecchie pagine e il «deep reading», la lettura profonda, potevano dare. E le conseguenze, insiste Wolf, sono anche politiche e sociali. Che cos’è dunque la lettura profonda? È una serie di processi molto sofisticati, che iniziano con una conoscenza di base, e proseguono con l’analogia, l’inferenza, il pensiero metaforico, la deduzione e l’analisi critica. E infine con l’empatia. In altre parole danno al lettore una capacità di conquistare una prospettiva nuova e diversa dalla propria; gli permettono di capire come pensano gli altri, che cosa vedono e sentono. Questo ci porta in ultima analisi all’empatia e alla compassione e ci permette di andare al di là della saggezza dell’autore, di ciò che ci vuole dire, per sviluppare una nostra saggezza. Sono processi che ci caratterizzano in quanto uomini: non dei computer, ma esseri umani che prendono le informazioni per formare nuova conoscenza. In altre parole, la lettura profonda ci trasforma. Quando la raggiungiamo si scatena qualche cosa di nuovo dentro di noi. Cambia la conoscenza che abbiamo del mondo e ci avviciniamo così alla saggezza, cioè la capacità di essere persone virtuose. Che cosa centra la democrazia con tutto ciò? Dal punto di vista culturale la lettura profonda ci permette di assumere la prospettiva degli altri e mettere in discussione le nostre convinzioni. Se perdiamo questa competenza siamo anche meno sensibili alla bellezza e meno capaci di consolidare la cultura nelle nostre memorie e soprattutto di allargare lo sguardo oltre la nostra identità personale e culturale. Che cosa consiglia dunque a chi legge e lavora tutto il giorno con il computer? Dodici ore di fronte al computer sono un po’ troppe. La sera non bisogna stare davanti allo schermo per almeno due ore prima di andare a letto e se uno sente di perdere la propria capacità di lettura profonda la cosa va presa molto seriamente. Bisogna dare a sé stessi una disciplina. Bisogna leggere profondamente ogni giorno almeno venti minuti. Io per esempio mi sveglio la mattina, medito, e poi leggo. Filosofia, teologia, qualsiasi cosa che richieda una forma di attenzione, che sia stimolante intellettualmente. Perché la tecnologia ci toglie le capacità di lettura profonda? È la ricerca che lo dimostra. Le cose stanno cambiando, le nuove meta-analisi dimostrano che stiamo perdendo i nostri processi cognitivi più sofisticati. Possiamo ancora reimparare a leggere profondamente e insegnarlo ai nostri figli; lo possiamo fare anche davanti a uno schermo. Ma semplicemente non lo facciamo. Sembra che i testi digitali ci spingano alla velocità. La gente oggi pensa di poter saltare da una parte all’altra del testo credendo così di trattenere solo le informazioni importanti. Ma se questo diventa l’unico modo in cui siamo capaci di leggere è un problema, perché rende impossibile quella profondità della lettura «lenta» che sola cambia la nostra vita e ci fa sentire meno soli». Crede che il progresso scientifico possa in qualche modo rendere l’esperienza della lettura su schermo simile a quella su carta? Non lo so; credo e spero che sia possibile. Noi dobbiamo lavorare con coloro che progettano le tecnologie per la lettura ma che non conoscono le ricerche sul cervello. Loro vogliono semplicemente vendere e non do loro la colpa. Tuttavia si registrano livelli di attenzione e memoria molto più bassi nella lettura su schermo che in quella tradizionale. Dobbiamo eliminare questa differenza: non nego i vantaggi dei dispositivi elettronici. I vantaggi di cui parla vengono spesso associati al mondo della scuola. Sì, sono d’accordo. Si può per esempio trovare una combinazione di carta e digitale. Penso che si possa raggiungere un compromesso, non c’è un aut-aut. Non sto dicendo che ogni tipo di lettura debba avvenire su carta, sto solo dicendo che per romanzi e letture impegnative, per un pensiero molto sofisticato, è importante rallentare il processo di lettura. E ciò si può fare oggi leggendo su carta. Propongo di preservare ciò che già abbiamo, aggiungendo qualcosa. Non vuol certo dire usare solo la carta, anzi. Bisogna trovare la soluzione con chi progetta i dispositivi. E, soprattutto, è necessario che i docenti siano formati adeguatamente per garantire un buon uso didattico dei nuovi strumenti tecnologici. •

Andrea Lugoboni