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POSTA ELETTRONICA

Nasce il generatore di cortesia

Inviare messaggi «gentili» con la posta elettronica: una nuova sfida tecnologica e linguistica
Inviare messaggi «gentili» con la posta elettronica: una nuova sfida tecnologica e linguistica
Inviare messaggi «gentili» con la posta elettronica: una nuova sfida tecnologica e linguistica
Inviare messaggi «gentili» con la posta elettronica: una nuova sfida tecnologica e linguistica

«Potresti per favore inviarmi i dati» invece di «inviami i dati». Basta poco per scrivere una mail educata, che oltre a salvaguardare i rapporti si può rivelare nella maggior parte dei casi anche più efficace. Manca spesso il tempo, la voglia, l’attenzione, presi come siamo dalla foga del lavoro e dalla velocità. Ora, se non riusciamo a pensarci noi, c’è un sistema automatizzato che può venirci in soccorso.

 

È stato sviluppato dai ricercatori della Carnegie Mellon University (Cmu), negli Usa, e ha proprio questo scopo: rendere le comunicazioni più educate. In sostanza, il metodo prende in esame richieste non cortesi, quelle che usano un linguaggio scortese o neutro, e le «ristruttura» o aggiunge parole per renderle più educate. L’esecuzione di un «trasferimento di cortesia» in una mail o in un blog è da tempo un obiettivo, spiegano i ricercatori, ed «è estremamente rilevante per alcune applicazioni, ma non siamo mai riusciti a trovare i dati giusti per eseguire questa attività».

 

Shrimai Prabhumoye, dottoranda al Language Technologies Institute della Cmu, insieme ad alcuni studenti, ha trovato la soluzione in una scorta di e-mail inviate tra i collaboratori di Enron, la società energetica del Texas che è crollata per frode nel 2001. A causa dello scandalo - e delle conseguenze legali che ne derivarono - più di mezzo milione di email aziendali sono diventate pubbliche, il che significa che i ricercatori della Cmu hanno avuto a disposizione un tesoro di richieste da esaminare. Ma anche con questo database di dati a disposizione, la sfida per i ricercatori è stata quella di definire la cortesia.

 

«Non si tratta solo di usare parole come per favore e grazie o di ripulire dalle parolacce una frase», ha detto Prabhumoye. E infatti il sistema si è affinato: i pronomi singolari in prima persona, come me, io e il mio, sono stati sostituiti da pronomi plurali in prima persona, come noi e i nostri. E invece di posizionare «per favore» all’inizio della frase, il sistema ha imparato a inserirla all’interno: «Potresti per favore inviarmi il file?». Una volta creato il database, si è trattato di mettere a punto il sistema per «correggere» le frasi. I ricercatori hanno quindi deciso di impiegare un «approccio tag and generate».

 

Funziona così: vengono individuati nella frase i punti che necessitano di una parola aggiunta, sostituita o rimossa. Quindi, il «generatore» legge la frase contrassegnata, trova i punti «taggati», cioè segnalati, e apporta le modifiche appropriate senza cambiare il significato della frase. Invece di «fai questo foglio di calcolo», questo strumento suggerirebbe «facciamo questo foglio di calcolo». Invece di «mandami il file», «potresti per favore mandarmi il file». Si sa poi che la cortesia varia da una cultura all’altra. Ad esempio è comune per i nativi nordamericani utilizzare «per favore» nelle richieste fatte ad amici intimi, ma questa espressione nella cultura araba sarebbe considerata imbarazzante, se non maleducata.

 

Per il loro studio, i ricercatori della Cmu hanno quindi limitato il lavoro all’inglese nordamericano in un contesto formale. «Speriamo che questo apra più strade per altri ricercatori e raccolga interesse per questo particolare problema», ha concluso Prabhumoye. «Abbiamo rilasciato il nostro set di dati e i nostri modelli di formazione in modo che la comunità stessa si interessi a questo problema e cerchi di lavorarci».